Da
anni ci si chiede quali fra i giovani narratori degli anni Novanta siano stati
in grado di raccogliere l’eredità di Pier Vittorio Tondelli. Se lo è chiesto,
per esempio, Elisabetta Mondello con il suo In principio fu Tondelli e con lei quella parte della critica e degli editori
che hanno amato la prosa vitale e materica dello scrittore di Correggio.
Leggendo Last love parade mi
sono convinto che Marco Mancassola è
l’unico autore in grado di muovere realmente da dove Tondelli aveva interrotto. Al pari dell’autore
di Altri libertini, Mancassola è in
grado di restituire al lettore le preziose sensazioni di onestà,
immedesimazione, e catarsi personale. La sua prosa è a tutti gli effetti
italiana e allo stesso tempo europea. Anch’egli, come Vicky, muove dalla
provincia per un salto immaginifico chiaramente cosmopolita. Inoltre con Last love parade dimostra quanto sia
ancora imprescindibile il legame fra giovanilismo e musica per una
rappresentazione narrativa vivida ed esemplare.
Last love parade racconta la storia di un amore
amicale, quello dell’io narrante nei confronti dell’amico Leo (come il
protagonista di Camere separate di
Tondelli). Un’amicizia nata attraverso l’affinità elettiva della musica dance
elettronica. Quella che i due giovani amici intraprendono è una ricerca che li porterà a riconoscersi, attraversare i decenni, identificarsi,
per poi allontanarsi e perdersi in un fade
to gray emozionale. In Last love parade il racconto privato si fa collettivo, si amplia a inglobare e
raccontare l’evolversi della dance elettronica: le radici disco, la club
culture, la techno, la goa trance, l’hardcore, il raving, e, ovviamente, la acid house. Una narrazione che è allo
stesso tempo sociale, politica e culturale.