Ho sempre trovato leggendaria la nascita e lo
sviluppo della trilogia “altra” de La
casa, realizzata da Sam Raimi con l’ausilio della sua
ruggente crew: Robert Tapert, Scott Spiegel
e Bruce Campbell. Pensiamoci, da
film a basso costo, da opera di un regista che più che integrato nel genere
horror ha bisogno di cimentare il proprio, straordinario, talento all'operazione
sperimentale di remake/reboot nella grande produzione de La casa 2, alla creazione del mito di
Ash con L’armata delle tenebre.
Oggi ci collochiamo a metà, dopo il successo
planetario de La casa, dopo l’interessamento
di De Laurentiis al lavoro di Raimi (veicolato, narra la leggenda, da Stephen King), quando il giovane regista ha già l’idea di precipitare il suo protagonista
beone nel Medioevo. Il risultato è invece un La Casa 2 (Evil Dead 2) che più che
puntare sull'orrore e il disturbo realizza quello che è stato sempre il
desiderio di Raimi: mettere su una roboante giostra, una «casa» degli orrori,
in cui i trucchi di cui godere sono l’estremizzazione della recitazione di
Bruce Campbell, persino della sua fisicità (gli zigomi sembrano voler uscire
dal suo volto, gli occhi, la bocca continuamente e parossisticamente sgranati),
gli effetti speciali e la regia sempre più concitata. Tutto contribuisce a una
messa in scena che è esperimento sulla slapstick
(qui splatterstick, nonostante l’utilizzo
del sangue verde). Bruce Campbell è il mattatore assoluto, centralissimo nella
riuscita della sperimentazione, assai godibile e viscerale, de La casa 2. Un’attitudine, quella nei
confronti dello slapstick che ha
radici nell'amicizia stretta da Raimi con Joel ed Ethan Coen ai tempi del montaggio newyorkese de La casa. Non a caso i Coen andranno in sala, nel 1987 (stesso anno
dell’uscita de La casa) con Arizona Junior, film che fa del recupero
dei toni slapstick uno dei suoi punti
di forza.