martedì 17 febbraio 2015

Lacrime, sangue e sudore nel double-time swing di Whiplash




Cosa ne è stato di quel «Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama, ma queste cose costano ed è esattamente qui che s’incomincia a pagare, col sudore!» che Lydia Grant scandiva con lo sguardo fisso in camera all’inizio della puntata, nel telefilm di culto Fame – Saranno Famosi? Lo racconta oggi il giovane regista Damien Chazelle che nel suo Whiplash riporta lo sguardo cinematografico sulla New York delle scuole di arti, musica e spettacolo. Dimentichiamo inni liberatori, cori e ballerini fra i taxi gialli, la New York di Whiplash è uno spazio mentale - osservato attraverso la soggettiva cinematografica del protagonista Andrew Neiman (Miles Teller) - in cui mettere in scena la tensione violentissima e i pericolosi percorsi che siamo in grado di scegliere per raggiungere i nostri obbiettivi.
Una luce materica e livida illumina le aule del conservatorio in cui Andrew si muove, sempre isolato, la sua camera spoglia al dormitorio, il cinema che frequenta con il padre. È lo sguardo di Andrew che decide cosa illuminare, come un enorme occhio di bue sul palco della Carnegie Hall che mostra solo ciò che vale la pena percepire. Andrew vuole diventare il miglior batterista di New York («e quindi del paese» aggiungerebbe con voce cavernosa il co-protagonista J. K. Simmons) per questo s’iscrive al conservatorio di New York, l’unica scuola che può aiutarlo a raggiungere il suo obbiettivo. Durante le lezioni e le sessioni di prova Andrew ignora compagni di corso e colleghi.  Riesce a instaurare un contatto visivo solo con il kit della sua batteria, con i dischi, i libri e le immagini del suo amato Buddy Rich e ovviamente con lui, il mefistofelico e teutonico maestro e direttore d’orchestra Terence Fletcher (interpretato con calibrato sadismo dal caratterista J. K. Simmons), che l’ha prelevato dalla classe del primo anno per portarlo nell’inferno sublime della sua Studio Band.

Illuminata da lampade gialle, ricoperta da austeri pannelli di legno scuro, la sala prove della Studio Band - per inciso la migliore della scuola, quella cui tutti gli iscritti al conservatorio vorrebbero accedere – è una vera e propria sala delle torture, dove Fletcher vessa psicologicamente tutti i membri. Fletcher dirige con un sadismo talmente sottile e orchestrato (ops) da diventare uno dei più grandi dèmoni mai visti al cinema. Lacrime, sudore e sangue inonderanno i piatti e i tamburi del kit della Studio Band, mentre Fletcher, nel tentativo di tirare fuori il prossimo grande talento del jazz, cattura Andrew in una trappola emotiva in cui l’introversione, la fragilità e i desideri del giovane studente diventano soffocanti e pericolosi lacciuoli. 

Damien Chazelle, sfornito dei fondi necessari a realizzare un lungometraggio adattò la storia di Whiplash e girò un cortometraggio, poi presentato al Sundance Film Festival nel 2013. Il corto vinse lo Short Film Jury Award permettendo al giovane regista di trovare i fondi necessari per realizzare il film che durante la notte degli Oscar correrà per ben cinque statuette, insieme a pellicole costate molto ma molto di più.

Whiplash è impreziosito dalle interpretazioni di J. K. Simmons e del magnifico Miles Teller, attore e musicista (il 40% della musica che sentiamo nella colonna sonora è un suo contributo) di grande talento, la cui interpretazione umbratile, tensiva e fisicamente impegnativa è un unicum nel panorama cinematografico. Infine la musica, la cattedrale di suoni jazz retta dai due pilastri Whiplash del sassofonista e compositore per orchestra jazz Hank Levy e Caravan, standard del trombonista e compositore portoricano Juan Tizol

Nessun commento:

Posta un commento