domenica 21 giugno 2015

XXI Secolo di Paolo Zardi: la sconfitta dell'uomo come padre



L’entusiasmo è stato grande. Vedere un romanzo della casa editrice NEO. – le cui proposte hanno costruito in breve tempo un catalogo fra i più vitali, eterodossi e sperimentali avuti negli ultimi anni in Italia – nella rosa delle dodici scelte del comitato direttivo del Premio Strega 2015 è stata una delle più belle sorprese sulla scena editoriale contemporanea. Un segnale non trascurabile, un presagio di buon auspicio e un grande stimolo per Francesco Coscioni e Angelo Biasella a continuare con immutata determinazione a lavorare sul loro progetto editoriale.
Il romanzo in questione è XXI SECOLO di Paolo Zardi, ingegnere padovano che amammo non poco per il libro di racconti Antropometria che ci portò nei territori del perturbante e del grottesco. Ambientato in un futuro che con un brivido avvertiamo nelle immediate vicinanze, XXI SECOLO è il racconto epico di una sconfitta. In un’Italia sfiatata a sud di un continente in decadenza, soffocata dalla bolla mediale

Il giorno in cui trovò il telefono aveva smesso di piovere. […] il fantino era morto, e la Cina aveva raddoppiato i carri armati sulle sponde dell’Amur, provocando lo sdegno dello zar di Russia. Ma nessuno sapeva se in Russia ci fosse davvero lo Zar. Da un po’ le notizie concepivano un universo parallelo, virtuale, e pieno di contraddizioni. La gente aveva perso interesse per la realtà, la subiva con la consapevolezza che le cose andassero male, e non ci si poteva fare nulla.

assistiamo alla corrosione di un modello, al canto del cigno dell’uomo come padre, fulcro e protettore del nucleo familiare. Il protagonista che Paolo Zardi ci propone in terza persona come unico personaggio-pdv (punto di vista) assiste all’implosione lenta ma immane e inesorabile dell’Occidente mentre è tradito dalla base su cui si fonda tutta la sua esistenza: la propria famiglia.

In XXI SECOLO, mentre la bella consorte di origini svizzere Eleonore cade in un coma profondo, il protagonista, con dedizione e metodo, continua il suo lavoro di venditore porta a porta di depuratori d’acqua – un paradigma del minimalismo morale, del limitato visus che l’uomo ha nei confronti della catastrofe ecologica – e prova a tenere insieme la propria famiglia, accudendo la moglie e rinsaldando il rapporto con i due figli che sembrano crescere a vista d’occhio.
Un colpo finale è però in agguato, un’ultima stilettata su cui mormorare tu quoque… una scoperta che aprirà un ultimo squarcio nella parete cellulare della famiglia del protagonista: il ritrovamento di un telefono segreto di Eleonore, nascosto nel cesto della biancheria e pronto a esplodere le ultime certezze - le più personali e salde perché legate alla moglie e alla famiglia - del protagonista. 

L’uso di questo MacGuffin e la ricerca della chiave per sbloccarlo – un codice pin che apra la bocca dell’inferno familiare – porterà il protagonista a intraprendere un viaggio metafisico e doloroso oltre confine, verso la Svizzera. Mentre continua a ricevere stranianti e-mail dalla sorella gemella omozigote della moglie – un sardonico doppelganger sempre in viaggio – ritrova la casa natia di Eleonore, la madre delle due donne con cui non è mai riuscito a comunicare (men che meno riuscirà adesso che la donna è in stato di avanzata demenza senile), una minuta badante ucraina con cui scambiare un ultimo atto d’amore - realmente umano perché doloroso e necessario per entrambi - ma soprattutto la chiave per incontrare la realtà nascosta nel telefono della moglie.

Dopo un rosario di donne – che è una vera antologia di umana e contemporanea disperazione – incontrate dal protagonista perché amiche di Eleonore e forse in grado di aprire degli spiragli di comprensione nella propria tragedia familiare, Zardi termina XXI SECOLO con un’oscura sequenza che sembra omaggiare le scene ospedaliere di Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi (cosa resta dell’umanità in una situazione di anarchia e razzia al buio?). Un ultimo ottuso tentativo da parte del protagonista di salvare il nucleo, ormai necrotizzato, della propria famiglia.

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