Lo
sguardo di Gregg Araki si fa
delicato seppur sicuro. Si muove dai territori situazionisti e Avant-Pop della Teenage Apocalypse Trilogy, dalla scena arty ed esplosiva della controcultura
losangelina per raggiungere la provincia. Si ferma in Kansas, luogo di
sterminato raccolto e tornado in grado di trasportarti in luoghi azzurri, in
cui tutti possono vivere felici e lontani dalle brutture della realtà. Qui,
utilizzando la materia del romanzo omonimo di Scott Heim (cui Araki si dirà sempre debitore e cui ha cercato di
attenersi quanto più possibile) si ferma per ambientare uno dei suoi
riconosciuti capolavori: Mysterious Skin.
In Mysterious Skin l’immaginazione
infantile non materializza alcun tornado né tantomeno fantastici mondi
dell’altrove. L’orrore che, come un fiume carsico, attraversa i lotti abitati,
sfiora gli steccati, nutre i curatissimi prati verdi, può essere inghiottito
solo in un buco nero: cinque ore della propria infanzia nel caso del timido
Brian (Brady Corbet) o sostituirsi al posto del cuore nel caso del
disfunzionale Neil McCormick (Joseph
Gordon-Levitt). Araki muove dabbasso, dal punto di vista dei due protagonisti
che a otto anni vivono – in maniera diversa ma comune – lo stesso trauma. Li
seguiamo dalle rispettive famiglie in crisi: Brian dimenticato dal padre per
ben cinque ore a una partita di baseball, Neil, solo con la dolce e malinconica
madre (interpretata da Elisabeth Shue, stupenda) troppo impegnata in un rosario
di relazioni e fidanzati diversi per accorgersi di quello che sta accadendo
qualche porta più in là. È dai tempi di Peyton Place che siam a conoscenza delle mostruosità, delle pulsioni più sfrenate
e ferine che si muovono fra i viottoli ordinati della suburbia. Tra i riferimenti estetici di Araki c’è Natural Born Killers, la Penelope
Spheeris de I ragazzi della porta accanto
(pellicola seminale nei confronti di Mysterious
Skin) viene dalla fucina losangelina che sarà culla artistica anche per
Araki, non è quindi difficile per il regista di The Living End, confrontarsi con l’ambiente che meglio rappresenta
la crisi della società presente: la zona suburbana. Fra visioni posticce e kitsch a base di alieni, navicelle
spaziali e programmi TV, baccanali di Halloween in cui l’orrore innominabile
non ha bisogno di alcun costume per colpire indisturbato, si consuma la
terribile weltanschauung dei due
piccoli protagonisti.