Un
pretesto. A Luc Besson è servito
solo un pretesto per poter liberare tutte le sue energie creative, le idee più
folli e sincopate in quello che si propone come un action thriller ma che dall’interno ne muta, amplia e modifica i connotati.
Lucy progetto ideato, scritto e
girato dal padre di Nikita e Leon, proprio per la sua natura
disinvolta si rivela una visione divertente, spassosa e stupefacente per lo spettatore: il
montaggio alternato, il tono sopra le righe della recitazione di comprimari e
comparse (boss della mafia taiwanese tratteggiati come i cattivi dei fumetti,
svenimenti ad hoc, sguardi enigmatici, divertiti, sgomenti), l’eccezionale
capacità della protagonista Scarlett Johansson (già Vedova Nera nel Marvel Cinematic Universe e aliena in Under the skin) di trasformarsi da
svampita studentessa in pelliccia ecologica a creatura sovraumana alla ricerca
dei suoi limiti (la possibilità di utilizzare il 100% delle possibilità del
cervello umano, o del pretesto di cui sopra), un’entità wireless in grado di
maneggiare le onde magnetiche, dallo sguardo-scanner, in grado di controllare
gli altri esseri viventi e la materia.
In
parallelo a Parigi il professor Norman (interpretato da Morgan Freeman), che da
sempre si è occupato della teoria secondo cui l’essere umano usa il cervello
solo per il 10% , sta tenendo una conferenza in cui spiega le diverse capacità
che l’uomo potrebbe acquisire se iniziasse a utilizzarne quote sempre più alte.
Nonostante il professore sia in cattedra, in un’aula magna gremita e partecipe,
Besson non manca di amplificarne il discorso montandolo con splendide immagini
che fanno da vere e proprie metafore amplificative.