sabato 9 gennaio 2016

Il gatto a nove code: il vero, grande «giallo» di Dario Argento



Una città che nello sguardo dello spettatore è impossibile da catturare per intero, animata da scorci in interno e passages in esterno. Questa è la Torino de Il gatto a nove code, precorritrice delle città-puzzle che caratterizzeranno i lavori successivi di Dario Argento. Secondo quest’approccio luoghi provenienti da città diverse (Roma, Torino, New York, tra le più ricorrenti) vanno a costituirne uno solo, immaginato e realizzato per la storia raccontata. Ne Il gatto a nove code, Torino è ammantata da un’atmosfera noir tutta costruita sulla tensione e sull’impossibilità di cogliere per intero i dettagli necessari alla risoluzione degli eventi: una lite in strada, una discussione dentro un’automobile in movimento. E ancora le scale: ossessione di tutto il cinema di Dario Argento, che qui assumono un’allure a metà fra espressionismo e surrealismo, le camere dell’istituto scientifico dove è ambientata la vicenda, il cui operato è celato da ante socchiuse, soffitte polverose, finestroni e persino tetti industriali.