sabato 11 aprile 2015

Supernova: la nuova ballata rock di Isabella Santacroce



Una supernova su Riccione.

Dopo l’uscita dell’ultimo romanzo di Isabella Santacroce, il magnifico Supernova (Mondadori) mi aspettavo di vedere il viso della scrittrice riccionese, sublimato dal trucco che le fa da difesa e dissimulazione, sulla copertina di «Rolling Stone». Supernova, che inaugura la nuova Trilogia di Eva è una stupenda ballata rock, dove l’uso della lingua italiana assume sempre più una forma ritmica peculiare. La prosa di Isabella Santacroce si dilata e comprime come una serie di note, vergate con grande ispirazione dalla sua compositrice/autrice.
In Supernova troviamo l’uso della metafora in trasfigurazioni che sono di volta in volta fiabesche, sfrenate e dolorose. Metafore dall’incredibile potere evocativo che ampliano d’improvviso l’orizzonte narrativo del brano in cui sbocciano. Dall’arrivo della non-madre di Dorothy a Milano – una città che farà da ventre ignavo e scellerato per i tre giovani protagonisti – fino all’adolescenza tradita da un’infanzia di rifiuti, seguiamo il canto di Dorothy nella descrizione della sua parabola ascensionale, verso l’esplosione nella luce più accecante auspicata dal titolo.
Così Dorothy, ancora bambina, percepisce Milano:

C’era odore di campagna e violenza, gente che coltivava la terra e poi i delinquenti. Contadini e banditi. Un paesaggio diviso, e la povertà come un muro.
La stalla, i muggiti, le auto rubate, le scritte sopra al cemento, il coprifuoco la sera, e lo sguardo di persone che sembravano sempre fuggire.
L’assenza di colore nei viali, fari accesi nei tramonti mancanti di sole, la mano di mia madre in quel freddo acceso dei palazzoni che sembravano ghiaccio annerito, e poi il caldo ritrovato aprendo la porta di casa.

Il suo diventare una stella degenere attraverso l’assenza di una madre dal cuore selvatico, «mai addomesticato dall’amore», la percezione della propria androginia, il desiderio di affetto che s’intreccia a quello di degenerazione (una supernova deve pur bruciare per produrre tutta quella luce), il ricordo poetico dell’amore puro per Eva che a scuola dona a Dorothy il talismano-piuma cui ancorarsi durante le successive discese agli inferi e poi la comunione con Divna e Thomas. 
In Supernova nel momento in cui la fiaba reiterata de Il mago di Oz - unico momento di incontro con l’amore materno, posticcio e narrativo – svanisce «la poesia impiccata al soffitto», Dorothy inizia il suo percorso per diventare di «gomma scheletrica». La follia che Dorothy percepisce è l’ampio movimento di una degenerazione centripeta che riguarda la realtà tutta: la prostituzione materna che sbiadisce gli illogici e sognanti primi tempi a Milano, il denaro che cura, obnubila, tradisce e sfigura, che immane seduce, permea e regna su una città vorace, carnivora e insaziabile. In una realtà ormai alla deriva, dilaniata in mille brandelli, esplosa in centinaia di schegge vorticanti come nell’uragano che fa volare la casa della Dorothy di Baum, i giovani protagonisti di Supernova diventano il riflesso di alcuni di questi frammenti: Dorothy, un contemporaneo Tadzio in giacca Vivienne Westwood «Diceva che assomigliavo a qualcuno: Venezia, un ragazzino biondo, un romanzo», Divna una lolita dark e scellerata, Thomas un Justin Bieber, emotivo e insicuro con gli Air nelle cuffie.
Prima che inizino le discese agli inferi costituite dalle sessioni di prostituzione minorile sotto l’egida della ricca Lucrezia, Dorothy sogna un’adolescenza normale per sé e per i suoi amici, una normalità che non può che essere fittizia e mutuata dal cinema e della televisione:

Sarebbe bello, pensavo, uscire una sera, noi due, insieme a Divna. Non so, forse un cinema, e magari comprare pop-corn, Coca-Cola, diventare adolescenti spensierati, normali. Guardare un film divertente, Thomas non triste, perché in fondo doveva esserlo molto.

Supernova rappresenta una delle prime e più lucide rappresentazioni in letteratura di un processo in atto da almeno un decennio: la percezione totipotente dei caratteri sessuali e della bellezza degli adolescenti. Se media vecchi e nuovi propongono una standardizzazione omogenea della bellezza, gli adolescenti hanno già da tempo iniziato a percepirsi nell’unicità e nella diversità che li contraddistingue.
Così Divna su Dorothy:

Divna ha chiuso gli occhi, poi ha detto anche così ti vedo, e non vedo un maschio o una femmina, vedo te che sei tutto, anche nel buio.

In definitiva Supernova segna un nuovo e importante movimento nella carriera di Isabella Santacroce, un’autrice che ha segnato la narrativa italiana, sia stilisticamente sia in termini di immaginario. Una rappresentazione lucida, poetica e dolorosa di una generazione alla deriva che in preda al panico e alla follia degenere divora la carne della propria progenie.

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