sabato 19 aprile 2014

Dio se la caverà di Alan Poloni (2014)



«Vista dall’alto, l’immensa colata di cemento del Franti ricordava una esse squadrata che metteva in comunicazione i piedi della collina e la periferia della città. Era composto da tre grandi blocchi cubiformi messi in comunicazione da lunghi porticati: il blocco dei dormitori e del refettorio, il blocco scolastico e delle aule studio, e il blocco dei laboratori». Questa la grande unità di luogo, il paradigma narrativo e di confronto scelto dallo scrittore bergamasco Alan Poloni per il suo romanzo Dio se la caverà (pubblicato da NEO. Edizioni). È questo l’istituto correttivo Franti (immediato il riferimento a uno dei personaggi più amati di Cuore) che, al centro dell’intreccio, mette in comunicazione le diverse storie, solo apparentemente distanti fra loro, animanti l’ampia rappresentazione di Poloni. La dicotomia dentro/fuori è speculare a quella fra adulti e ragazzi. È delizioso come il lettore abbia la possibilità di muoversi con naturalezza fra i diversi punti di vista. Abbiamo quello abbassato all’età adolescenziale di Nic, Dave e gli altri ragazzi del Franti che si intreccia a quello degli adulti, Augusto il direttore del Franti, lo Zio e Klaus, lo scrittore fallito Antonio Timpano. Ognuno di questi porta nell’intreccio la propria realtà, il proprio contributo, dapprima dipanato poi strettamente legato a quello degli altri personaggi.
Alan Poloni rimette il personaggio al centro della narrazione e lo fa donando a ognuno di essi un ritmo peculiare che il lettore, pagina per pagina, impara a riconoscere e amare.

venerdì 18 aprile 2014

Prima ti sposo, poi ti rovino dei fratelli Coen (2003)

Intolerable Cruelty è un’ottima commedia, scritta benissimo, diretta con cura dai fratelli Coen e recitata con verve e capacità da George Clooney (che aveva già vestito per i Coen i panni di un moderno Ulisse in Fratello, dove sei?). Unico problema l’orripilante titolo che i distributori italiani hanno voluto appioppare alla pellicola: Prima ti sposo, poi ti rovino che vuole richiamare certe produzioncelle italiote tutte basate sulla risata di pancia (o per meglio dire di mal di pancia). Intolerable Cruelty invece – prima pellicola dei Coen a non essere basata su una loro idea – diventa nelle mani di Joel e Ethan il miglior pretesto per riprendere e decostruire gli stilemi della screwball comedy (a metà tra la sophisticated comedy e la farsa abitualmente incentrata sulla guerra dei sessi) grazie a un Clooney attento e preciso, eccellente nei dialoghi al cardiopalma di Miles Massey, negli inseguimenti da fumetto e nella mimica slapstick.
Marylin Hamilton (Catherine Zeta-Jones sul set incinta di un mese e per questo bellissima) novella ape regina (allevata da una community di attempate e camp-issime signore dedite al botox e ai divorzi milionari) vuole incastrare il suo stupido marito (un Edward Herrmann reduce dal successo di Gilmore Girls), purtroppo incapperà nel cinico avvocato divorzista Massey che le impedirà di ricevere l’agognata fetta di patrimonio innescando così una girandola di eventi a incastro (a scapito di Massey ovviamente) fra travestimenti (sociali), incursioni nella commedia gotica - durante le visite sotterranee di Massey al proprietario dello studio legale dove lavora: un uomo privo di intestino attaccato a una miriade di flebo dai colori fluo e macchinari fischianti – inseguimenti, scenari posticci (il Caesars Palace di Las Vegas) e un happy ending stemperato da una chiosa postmoderna e catodica.

Intolerable Cruelty può infine contare su una colonna sonora d’eccezione realizzata da Carter Burwell - storico collaboratore dei fratelli Coen - che riprone classici intramontabili (Elvis, Edith Piaf, Chuck Mangione), rock saturo (Tom Jones, Simon&Garfunkel) e brani prodotti per l’occasione dallo stesso Burwell.

Splendor (Splendidi Amori) di Gregg Araki (1999)



L’apocalisse è già avvenuta, si è consumata nel finale, terribile e iconico, di Doom Generation. Una serie di schegge impazzite e vorticanti sono venute a costituire il nuovo mondo. Frammenti e immaginari che hanno finito per innestarsi l’uno sull’altro creando sempre nuove forme di umanità e rappresentazione. Ne è la prova l’ultimo episodio della Teenage Apocalypse Trilogy, quel Nowhere che è stata definita «una puntata di Beverly Hills 90210 in acido» e dopo Splendor (da noi Splendidi Amori) del 1999.
Siamo alle porte dell’anno 2000, Gregg Araki sa che l’unico modo per divertirsi davvero è infilare le mani nel tornado dell’immaginario pop e plasmare una commedia mutata, prodotto di stilemi, ossessioni e richiami alla tradizione quanto allo stato attuale, sfiatato e alla deriva. Al centro della vicenda abbiamo Veronica (interpretata da Kathleen Robertson, compagna del regista dal 1997 al 1999), giovane attrice che durante uno dei party organizzati da Araki all’inizio dei suoi film (in questo caso un Halloween rave), si innamora dello slacker, biondissimo e cucciolone Zed (Matt Keeslar) e del giornalista e scrittore Abel (Johnathon Schaech). Araki realizza una commedia che è anche un happening pop: ogni fotogramma, ogni situazione, ogni personaggio è definitivamente un oggetto pop. In particolare i tre protagonisti la cui bellezza e sensualità diventa, attraverso l’occhio filmico di Araki, immane ed eroticamente incontenibile. Veronica è il perno splendido di questo trio poliamoroso, tramite lei si ha l’incontro sensuale poi romantico fra Zed e Abel (inizialmente scettico).