I film dei fratelli Coen sono tutti accomunati dalla messa in scena di una via di fuga: dalla prigione (Arizona Junior), dalla propria condizione sociale (Mister Hula Hoop), dall’alienazione della vita suburbana, dal genere (per finire in un altro). Anche la meravigliosa pellicola L’uomo che non c’era rispetta questa scelta costruendo intorno a Ed Crane (interpretato da un iconico Billy Bob Thornton) - il silenzioso barbiere protagonista della vicenda - l’immaginario tipico dell’american way of life anni Cinquanta compreso di tutti i confort: frigorifero, giardino, tritarifiuti incorporato nel lavandino. Attraverso questo tipo di immaginario i Coen rappresentano il desiderio di escapismo tipico della nuova condizione sociale da boom economico post secondo conflitto mondiale. Ed rappresenta l’alienazione suburbana: il suo silenzio, il rifiuto di party, cocktail di lavoro (della moglie) e feste familiari in campagna sono sintomi della nausea che lo permea e che lo porterà a tentare la fuga provando a ferire la moglie fedifraga - un’immensa Frances McDormand - e il suo amante ciarliero Big Dave interpretato dal mai dimenticato James Gandolfini.
Una sceneggiatura atta a valorizzare ogni personaggio, la fotografia costruita sui bianchi più accecanti e sui toni di grigio più umbratili (ottenuta per desaturazione delle inquadrature girate a colori) e una regia citazionistica ricreano un certo immaginario noir (Hitchcock su tutti) genere qui programmaticamente manipolato dai Coen che vi inseriscono accenni alla teoria del complotto e degli UFO (un’altra forma di escapismo, in parte onirico, dall’alienazione suburbana che rischia di portare alla follia) riviste e magazine (come a voler citare i filosofi della Scuola di Francoforte) e la storia parallela fra Ed e “Birdy” la lolita interpretata da una giovanissima Scarlett Johansson. Materiale questo che finisce per ampliare incredibilmente il perimetro citazionistico della pellicola rendendola un vero feticcio per cinefili.
Nessun commento:
Posta un commento