Una Salem
rarefatta, stupenda nelle riprese grigie e silenti di Rob Zombie, si dipana
intorno alla dee-jay locale Heidi Hawthorne, appena venuta fuori da una brutta
storia di dipendenza da droghe. È questo il set scelto dal rocker e cineasta
che ci ha dato visioni gore come La casa dei 1000 corpi e prove di grande
narrativa cinematografica, vedi La casa del diavolo, per la sua ultima
fatica Le streghe di Salem (in
originale The Lords of Salem). Intorno
ad Heidi– fragile, spossata e bellissima nell’interpretazione di Sheri Moon Zombie – e su tutta Salem sono
stati sparsi i semi di un orrore indicibile, occultato e carsico ma pronto a
deflagrare come nella migliore tradizione lovecraftiana. Assistiamo a visioni sempre più asfittiche e terribili per
Heidi, terrorizzata di stare tornando ai giorni in cui perdeva il contatto con
la realtà grazie alla droga.
In Le streghe di Salem accade qualcosa che
solo i lettori di Stephen King possono riconoscere: il piacere di godersi le
parti riguardanti la vita quotidiana dei protagonisti, le parti non-horror, che
per come costruite diventano la cosa migliore della storia. Pensiamo a tutta la
sequenza iniziale che introduce Heidi: il suo appartamento arredato sui toni
del bianco, del rosso e del nero, il pannello sul letto illustrato con un
fotogramma del Viaggio nella luna di Georges
Méliès, Heidi che fragile e stanca si tira giù dal letto per fare colazione e
portare a spasso il cane per le strade desaturate di Salem. Una sensazione di
delicato spleen la avvolge nei suoi
movimenti per la città, la vediamo incedere lentamente, avvolta nel suo montgomery
psichedelico, aggrottare le sopracciglia o addormentarsi sulle note di All Tomorrow parties dei Velvet
Underground & Nico. Che meraviglia la ricostruzione della vita nella
stazione radio dove Heidi lavora (con le sapide incursioni trash-pop tanto care
a Rob Zombie) nel trio Big H insieme al di lei innamorato Whitey (Jeff Daniel Phillips, attore-feticcio di Rob Zombie) e Herman (Ken Foree, il mai
dimenticato Peter in Zombi di Romero).
Patricia Quinn e Rob Zombie. |
Rob
Zombie innesta su questi segmenti, commistionandoli e inquinandoli
progressivamente, il suo labirinto orrorifico, quello che lui stesso ha
definito come «il prequel spirituale alla sua serie di Halloween» ma per qualche ragione - che a me sembra di poter
recuperare nel montaggio, colpevole di aver accorciato e spesso mutilato le
intenzioni di Rob Zombie – non riesce nel suo intento. Abbiamo un cast
meraviglioso: gli occhi di ghiaccio e la voce di Meg Foster (che noi fan integralisti di Pretty Little Liars abbiamo potuto apprezzare nei panni di Mrs
Grunwald) interpreta la strega Margaret Morgan, lo spassosissimo coven moderno è composto dalle scream queen Judy Geeson e Dee Wallace
insieme alla sublime, folle di catena e icona assoluta Patricia Quinn (The Rocky Horror Picture Show). Abbiamo suggestioni classiche provenienti dal
Polanski di Rosemary’s Baby e dalla
trilogia de Le tre madri di Dario Argento e last but not least una
colonna sonora pazzesca (cui non manca un ironico richiamo allo spauracchio dei
messaggi satanici occultati nei brani rock), quindi cos’è che non va?
Le Streghe di Salem non si risolve ma si vaporizza in una
serie d’immagini, sincopi, e visioni che seppur sontuose e disturbanti lasciano
una sensazione di mancanza. Il film è afflitto da una sintesi incomprensibile
che ha mozzato senza rimediare i flashback
con il confronto tra il reverendo Jonathan Hawthorne e Margaret Morgan,
impegnata nella stesura della musica del demonio. Incredibile ma vero: Rob
Zombie ha persino tagliato la parte di Sid Haig (che mai in cinquantuno anni
aveva visto una sua parte eliminata nel final
cut di una produzione). Intravediamo il suo faccione di sfuggita e mi
dispiaccio, sento avrebbe potuto riservarci succose sorprese. Allo stesso modo abbiamo perso anche i contributi di Udo Kier, Camille Keaton e Clint Howard, che hanno girato scene riguardanti un subplot totalmente eliminato nel montaggio finale.
Per chi
come me ha amato Heidi Hawthorne e vuole ritrovare e cogliere appieno le malie
ricevute da Le streghe di Salem consiglio
il recupero della versione romanzata della storia, scritta a quattro mani da
Rob Zombie e dal contributor B. K.
Evenson (pubblicata in Italia da Newton Compton) in cui i segmenti mutilati o
del tutto mancanti, trovano finalmente il loro posto nella storia.
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