La città di Adamo – eretta pagina dopo pagina da Giorgio Nisini
nel suo secondo romanzo (e secondo volume della Trilogia dell'incertezza dopo La Demolizione del Mammut) – più che una realtà materiale è il luogo della
memoria in cui il protagonista Marcello (affatto casuale la scelta di
un nome dalla eco felliniana) compie la sua ricerca, spasmodica,
necessaria e dolorosa: il recupero dell’immagine del padre. Ricerca che pone come suo obbiettivo la conoscenza dei tratti
noti (ma da sempre percepiti in superficie) del proprio genitore.
In La città di Adamo Marcello Vinciguerra ha seguito le orme di suo padre
Vittorio – grande imprenditore ortofrutticolo che dall’immaginario borgo
di Castel Cimino è riuscito ad allargare i suoi affari alla scena globale – ha un'elegante moglie di nome Ludovica (emblematico il brano in cui Marcello
segna l’inizio della parabola discendente del padre con il primo
incontro di questi con l’allora fidanzata) con cui vive in una bella ma
gelida villa. Il dubbio interviene già dalle primissime battute quando
Ludovica – proprietaria di uno showroom di design – porterà a
casa la riedizione di un televisore Brionvega (il design
d’arredo scandirà la ricerca di Marcello per tutto il romanzo) aprendo
di fronte al protagonista un tortuoso percorso nel territorio dei
ricordi. Lo farà attraverso un’immagine – che come tutte quelle che
compongono la sua ricerca non si rivelerà che un primo passo verso il
riconoscimento dei propri tratti in quelli del padre – una breve
sequenza d’archivio che lo mostra bambino a Eurano, quartiere
metafisico-razionalista edificato a sud est di Caserta dal boss della
camorra Adamo Pastorelli.
Man mano che si procede nella lettura de La città di Adamo vediamo come decine di domande avvelenano la quotidianità di Marcello: quali sono i rapporti che legano il successo dell’azienda Vinciguerra al colto ed efferato boss della camorra? È possibile che la madre, il padre e le persone più vicine alla famiglia nella conduzione dell’azienda (come il “fratello adottivo” Brenno) abbiano sempre mentito e nascosto un orribile legame con Adamo Pastorelli? Qual'è la reale identità dell’azienda di famiglia, del padre e quindi dello stesso Marcello?
Man mano che si procede nella lettura de La città di Adamo vediamo come decine di domande avvelenano la quotidianità di Marcello: quali sono i rapporti che legano il successo dell’azienda Vinciguerra al colto ed efferato boss della camorra? È possibile che la madre, il padre e le persone più vicine alla famiglia nella conduzione dell’azienda (come il “fratello adottivo” Brenno) abbiano sempre mentito e nascosto un orribile legame con Adamo Pastorelli? Qual'è la reale identità dell’azienda di famiglia, del padre e quindi dello stesso Marcello?
Il percorso di ricerca per immagini che Giorgio Nisini ha preparato per il suo protagonista passerà
attraverso diverse dimensioni: quella televisiva e casuale, la
dimensione del ricordo, quella onirica e
squisitamente freudiana (con la convivenza nel sogno delle figure di
Ludovica e del padre), la dimensione dell’esperienza con le visite a
Eurano, a Casagiove, all’albero-simulacro del padre e ancora quella
analogica e fotografica delle immagini recuperate nell’archivio di famiglia.
Un tracciato scandito dai ritmi tipici del noir, che concluderà La città di Adamo con l’immagine più bella, la rappresentazione-superamento delle realtà panica e industriale, finalmente unite in una semplice e preziosa epitome di amorosi sensi.
Un tracciato scandito dai ritmi tipici del noir, che concluderà La città di Adamo con l’immagine più bella, la rappresentazione-superamento delle realtà panica e industriale, finalmente unite in una semplice e preziosa epitome di amorosi sensi.
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