mercoledì 18 marzo 2015

L'uccello dalle piume di Cristallo di Dario Argento: spazio espositivo e thrilling



Che magnifica fucina d’idee è stato il cinema italiano. Che pazzesco insieme di eroi coraggiosi e disincantati ha creato l’immaginario da cui ancora si può attingere e imparare! Fra loro spicca per inventiva e straordinario utilizzo artigiano del mezzo cinematografico Dario Argento.
Prendiamo per esempio la sua Trilogia degli animali, quei film che rappresentano l’origine e la sintesi più vitale del suo cinema. Prendiamo L’uccello dalle piume di cristallo (1970), sua prima prova registica dopo i confronti con la scrittura al fianco di Sergio Leone (C’era una volta il west), Giuseppe Patroni Griffi (Metti una sera a cena) e in molti b-movie. L’idea de L’uccello dalle piume di cristallo nasce in Tunisia, Dario lo elabora dopo aver letto il racconto del giallista americano Fredric Brown Screaming Mimi. Il film vedrà la luce - senza mezzo compromesso rispetto alle idee del regista - grazie al supporto del padre, Salvatore Argento, che decide di produrlo in società col figlio (nasce così la S.E.D.A. che produrrà tutti i primi film di Dario). Grazie al padre, il giovane regista ha la possibilità di preservare tutte le terrificanti caratteristiche del suo film, facendo esplodere per primo l’attitudine italiana al thrilling.
Ne L’uccello dalle piume di cristallo Dario Argento incanala le energie più libertarie e le sue idee più disinibite in una struttura che di per sé impone l’ordine: il giallo. È questa sintesi fra le regole che devono portare all’agnizione del colpevole e gli scossoni, i continui (e francamente deliziosi) punti di fuga creativi, che incantano lo spettatore e lo terrorizzano come poche volte di fronte al grande schermo.

Sam assiste all'omicidio nella galleria d'arte.
Ne L'uccello dalle piume di cristallo lo scrittore americano Sam Dalmas (Tony Musante, conosciuto da Dario Argento sul set di Patroni Griffi), passeggiando per Roma assiste a una colluttazione notturna in una galleria d’arte. Forse per la sua presenza l’aggressione non si completa in omicidio ma Sam comincia a essere ossessionato da un dettaglio mancante, una sequenza perduta, certamente presente a livello inconscio nella sua memoria. Mentre il giovane scrittore prova a ricostruire gli eventi insieme al commissario Morosini (Enrico Maria Salerno) viene fuori un raggelante dipinto naïf e l’assassino torna a uccidere, ancora e ancora.

Ne L’Uccello dalle piume di cristallo scrittura, regia e montaggio sono al servizio di una rappresentazione straniante e surreale, quello che Dario Argento ci propone è un vero e proprio allestimento situazionista in cui ogni segmento è un viaggio all’interno di una mente malata, uno sguardo che non può che diventare ossessivo mentre tenta di afferrare i particolari della natura umana. Natura che in Dario Argento è sempre venata di follia, segnata da indicibili traumi o trasmutata da orrori innominabili.
L’Uccello dalle piume di cristallo è il tentativo di indagare, ricostruire attraverso la memoria visiva, il momento straniante dell’omicidio cui Sam assiste. Tutta la scena è un allestimento creato da Dario Argento: Sam si trova prigioniero fra le ante di vetro all’ingresso di una galleria d’arte. Minacciose sculture in penombra si stagliano sullo sfondo bianco e asettico dello spazio espositivo. La teca costituita dalle ante serrate, isola Sam dal suono e ne limita lo sguardo mentre sul piano rialzato della galleria si consuma la lotta fra l’assassino e la sua vittima.
La sequenza è di una magnifica surrealtà e introduce lo spettatore al gioco che Dario Argento ha pensato per lui. Un gioco in cui lo sforzo mnemonico e razionale della ricostruzione degli eventi mostra il fianco e soccombe di fronte alla soggettività sfuggente e inconscia dello sguardo.

Non è un caso che ne L’uccello dalle piume di cristallo siano opere d’arte naïf a stimolare, muovere e favorire lo svelarsi del mistero. Sia le sculture della galleria sia l’agghiacciante disegno recuperato da Sam come il più importante degli indizi (disegno che riprende lo stile deliziosamente disturbante di Antonio Ligabue), si propongono come appigli per superare l’orrore dilagante, rivelandosi poi strumenti inafferrabili se non pericolose e affilate armi.

È con questo primo lungometraggio che Dario Argento ci introduce a tutte le sue prerogative cinematografiche. Scelte in materia di regia e montaggio che ossessioneranno generazioni di cinefili: le soggettive dell’assassino, il primissimo piano inconsueto e raggelante, l’esplosione del macrodettaglio, un occhio sgranato, una bocca spalancata a mostrare l’ugola impazzita, una rasoiata verso la camera. Momenti di terrore indimenticabili che faranno scuola (e poi maniera) in tanto cinema a venire.

Non ci resta che riosservare la scena del crimine de L’uccello dalle piume di cristallo, mettendo alla prova sguardo e memoria, alla ricerca – sappiamo già impossibile – del dettaglio chiave, della comprensione univoca dell’omicidio come dell’opera d’arte. 

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