giovedì 21 febbraio 2013

Warm Bodies di Jonathan Levine (2013)


La distribuzione lo annunciava come il metadone per le orfanelle in crisi d'astinenza della Twilight Saga – cui dobbiamo l’abominevole normalizzazione del vampirismo con tanto di matrimonio e nascita di una paffuta pargoletta ariana – per cui scusate se avevamo riempito interi magazzini di ogni tipo di riserva.
#einvece Warm Bodies di Jonathan Levine, tratto dal cupissimo omonimo romanzo di Isaac Marion, si è rivelato delizioso e brillante. Il merito è sia di Levine, che contrappone il flusso di coscienza del giovane zombie R con il macilento esprimersi e muoversi propri della sua natura in decomposizione, sia di Nicholas Hoult (già amato nel primigenio Skins e in A single man) che caratterizza R, soprattutto nella prima parte della pellicola, attraverso un insieme di espressioni facciali e movenze, donando al pubblico dell’orrido genere young adult (etichettatori editoriali siate voi maledetti!) un personaggio adorabile, ironico, affatto bidimensionale, indi non irritante e purulento per il resto degli spettatori.
La descrizione della condizione degli zombie – ormai in schiacciante maggioranza sulla terra – fatta da Levine è assai arguta, con le affinità fra la condizione umana e zombie, declinate all'interno dell’aeroporto, non-luogo per eccellenza e perfetto paradigma delle relazioni umane. R è l’essere post apocalisse per eccellenza: macilento, slacker, capace di nutrirsi solo di carne umana (con particolare predilezione per le cervella, e i ricordi in esse contenuti), serafico sulla propria condizione e spinto al bisogno di accumulazione e collezione (l’aereo in cui vive è pieno di vinili di ottimo gusto, occhiali da sole e oggettistica varia).

Le incursioni nella teen comedy sono un altro dei motivi per amare Warm Bodies. La protagonista femminile, Julie Grigio (Teresa Palmer) vive all'interno di una fortificazione al centro della città insieme al generalissimo padre (John Malkovich) e a un gruppo di amici, tra cui la mitica Nora (Analeigh Tipton), che, spiccia e ironica, risolverà più d’un problema alla coppia – il tutto all'ombra di un attacco da parte degli  "ossuti" (zombie della prima ora che hanno perso carne e muscoli, rappresentati come residuati da videogame) - come quella volta in cui mette su Oh, Pretty Woman di Roy Orbison mentre si tenta di dare un aspetto salubre a R con chili e chili di fondotinta…

In definitiva Warm Bodies è il blockbuster perfetto, ricco di suggestioni, divertente e soprattutto onesto nei confronti dell’intelligenza del pubblico (sì, anche quella delle vedove Cullen). 

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