In quale epoca asfittica non si riesce a godere di un
film come Gli amanti passeggeri? È possibile che la comicità senza mea culpa di Pedro Almodóvar non sia stata apprezzata? Sì, perché a differenza
dell’aeromobile della Peninsula su
cui è ambientato il film, le operazioni di decollo, crociera e atterraggio
dirette dal nostro sono perfettamente riuscite. Il regista di Che ho fatto io per meritare questo? Dopo
l’incursione cupissima, disturbata e arty
de La pelle che abito recupera la
lente trashy di Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio per fissarla ai
finestrini dell’aeromobile 340 di Peninsula
e raccontare ciò che siamo diventati: un’affollata classe “economy” sedata e ignara
(hostess comprese) dietro una prima classe semivuota in cui truffatori,
assassini, puttanieri e maîtresse d’alto bordo cercando di gestire la
situazione insieme al personale. I dialoghi, scritti dallo stesso Almodóvar, poi,
sono brillanti e più d’una volta diluiti nel ritmo narrativo (mai perduto)
rilasciano il loro effetto dissacrante dopo qualche minuto.
Non è un caso che ne Gli amanti passeggeri Almodóvar recuperi le istanze del suo primo cinema,
le stesse utilizzate per raccontare gli anni Ottanta: origine spettacolosa
della deriva contemporanea. Centrale in questo senso il personaggio di Norma,
icona, simbolo immemore di sensualità (giocoforza una copertina storica di
«Interview»), poi dominatrice BDSM e titolare di un’agenzia di escort che
fornisce servizi (di ogni genere e colore) ai seicento uomini più importanti di
Spagna. Norma, chiudendo il cerchio, è interpretata da Cecilia Roth, che iniziò la sua collaborazione con Pedro
Almodóvar proprio con Pepi, Luci, Bom e
le altre ragazze del mucchio. Per
questo sua rappresentazione della contemporaneità guidata da un’ombra di potere
intriso di truffa, sesso e ricatto, con radici negli anni dell’edonismo,
possiamo avvicinare (con i dovuti distinguo) Gli amanti passeggeri all'ultima, straordinaria, prova letteraria
di Aldo Busi, El especialista de
Barcelona.
Bruna indaga il futuro all'inizio del film. |
Almodóvar fa della pellicola uno straniante e
spassosissimo spettacolo grazie a una galleria di personaggi riuscitissimi e
alle dinamiche che s’instaurano ad alta quota: i tre steward omosessuali (Javier
Cámara, Carlos Areces e Raúl Arévalo) sono i cerimonieri ubiquitari
dispensatori di alcol, sostanze stupefacenti («culizzate») e numeri pop come I’m so excited delle Pointer Sisters
(anno 1984), poi abbiamo la sopracitata Norma Boss, il signor Mas bancario e
truffatore con una figlia dominatrix, il killer Infante, l’attore di telenovelas
Ricardo, la medium vergine Bruna (Lola Dueñas, deliziosa) e due sposini in
viaggio di nozze lisergico. Completano l’equipaggio i due sciamannati piloti
tra cui un Hugo Silva pronto a liberare il proprio potenziale omosessuale in
alta quota. Attorno a questa nutrita fauna gravitano una serie di cammeo autoreferenziali che vedono impegnati: Antonio Banderas, Penélope Cruz e Paz
Vega. Non sia fatto l’errore di
considerare Gli amanti passeggeri una
pellicola di cattivo gusto e superficiale, bensì si goda per quello che è: una
commedia riuscita dove nulla è buttato lì a caso. Neanche la bellezza che osserva
la corruzione e il dolore, decidendo di voltargli le spalle, incarnata da
quella che, ne siamo certi, sarà la prossima musa di Almodóvar: la stupenda Blanca Suárez.
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