lunedì 1 aprile 2013

Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar (2013)


In quale epoca asfittica non si riesce a godere di un film come Gli amanti passeggeri? È possibile che la comicità senza mea culpa di Pedro Almodóvar non sia stata apprezzata? Sì, perché a differenza dell’aeromobile della Peninsula su cui è ambientato il film, le operazioni di decollo, crociera e atterraggio dirette dal nostro sono perfettamente riuscite. Il regista di Che ho fatto io per meritare questo? Dopo l’incursione cupissima, disturbata e arty de La pelle che abito recupera la lente trashy di Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio per fissarla ai finestrini dell’aeromobile 340 di Peninsula e raccontare ciò che siamo diventati: un’affollata classe “economy” sedata e ignara (hostess comprese) dietro una prima classe semivuota in cui truffatori, assassini, puttanieri e maîtresse d’alto bordo cercando di gestire la situazione insieme al personale. I dialoghi, scritti dallo stesso Almodóvar, poi, sono brillanti e più d’una volta diluiti nel ritmo narrativo (mai perduto) rilasciano il loro effetto dissacrante dopo qualche minuto.
Non è un caso che ne Gli amanti passeggeri Almodóvar recuperi le istanze del suo primo cinema, le stesse utilizzate per raccontare gli anni Ottanta: origine spettacolosa della deriva contemporanea. Centrale in questo senso il personaggio di Norma, icona, simbolo immemore di sensualità (giocoforza una copertina storica di «Interview»), poi dominatrice BDSM e titolare di un’agenzia di escort che fornisce servizi (di ogni genere e colore) ai seicento uomini più importanti di Spagna. Norma, chiudendo il cerchio, è interpretata da Cecilia Roth, che iniziò la sua collaborazione con Pedro Almodóvar proprio con Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio.  Per questo sua rappresentazione della contemporaneità guidata da un’ombra di potere intriso di truffa, sesso e ricatto, con radici negli anni dell’edonismo, possiamo avvicinare (con i dovuti distinguo) Gli amanti passeggeri all'ultima, straordinaria, prova letteraria di Aldo Busi, El especialista de Barcelona.
Bruna indaga il futuro all'inizio del film.
Almodóvar fa della pellicola uno straniante e spassosissimo spettacolo grazie a una galleria di personaggi riuscitissimi e alle dinamiche che s’instaurano ad alta quota: i tre steward omosessuali (Javier Cámara, Carlos Areces e Raúl Arévalo) sono i cerimonieri ubiquitari dispensatori di alcol, sostanze stupefacenti («culizzate») e numeri pop come I’m so excited delle Pointer Sisters (anno 1984), poi abbiamo la sopracitata Norma Boss, il signor Mas bancario e truffatore con una figlia dominatrix, il killer Infante, l’attore di telenovelas Ricardo, la medium vergine Bruna (Lola Dueñas, deliziosa) e due sposini in viaggio di nozze lisergico. Completano l’equipaggio i due sciamannati piloti tra cui un Hugo Silva pronto a liberare il proprio potenziale omosessuale in alta quota. Attorno a questa nutrita fauna gravitano una serie di cammeo autoreferenziali che vedono impegnati: Antonio Banderas, Penélope Cruz e Paz Vega.  Non sia fatto l’errore di considerare Gli amanti passeggeri una pellicola di cattivo gusto e superficiale, bensì si goda per quello che è: una commedia riuscita dove nulla è buttato lì a caso. Neanche la bellezza che osserva la corruzione e il dolore, decidendo di voltargli le spalle, incarnata da quella che, ne siamo certi, sarà la prossima musa di Almodóvar: la stupenda Blanca Suárez.


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