Affrontiamo subito la questione. Brandon è figlio di
quel Cronenberg lì. Sì, proprio quello. Ancora sì, Brandon aveva detto che si
sarebbe dedicato alla scrittura, alla pittura o alla musica e poi, l’anno
scorso, se n’è uscito con un film nella rassegna Un Certain Regard di Cannes. Che film però! Guardiamo un po’ a
questo suo esordio: Antiviral, una pellicola che da sola spinge di molto in avanti
la rappresentazione cinematografica del grottesco, utilizzando un rigore
formale e un codice visivo pazzesco. Il cinema di Brandon Cronenberg possiede
prerogative originali pur dialogando con l’opera del padre sia in termini
concettuali sia direttamente, con la scelta di girare in Canada e fare della
splendida Sarah Gadon, già Elise
Shifrin in Cosmopolis, la sua musa, a
metà tra l’iperreale e il carnale più mefitico.
Antiviral è
ciò che rimane dopo che la società dello spettacolo ha fagocitato ogni aspetto
della realtà, un virus silente e implacabile che ha mutato i suoi connotati e
per il quale (se mai qualcuno l’avesse cercata) non c’è alcuna possibilità di
cura. Ciò che questo processo consegna è una comunità di umanotteri nevrotici,
cannibali ed estremamente soli, desiderosi della più intima connessione con la
celebrità del cuore. Si tratta di un legame non più basato sul desiderio
sessuale ma sulla condivisione della malattia, di virus, batteri e patogeni che
hanno albergato nel corpo della stella del cuore e che, depotenziati della
propria virulenza, sono loro iniettati da esperti del settore. Due cliniche, la
Lucas e la Vole & Tesser, due società si contendono l’Herpes simplex o l’ultimo influenzavirus avuto dalle celebrità per poi
rivenderlo agli umanotteri di cui sopra.
La Ready Face cita Francis Bacon. |
Antiviral
possiede un suo preciso codice visivo in cui il minimalismo e una ricercata simmetria
convivono insieme a un’attitudine organica vicina a Francis Bacon.
Per Brandon Cronenberg la fusione tra organico e tecnologico appartiene alla
generazione precedente, con Antiviral,
Brandon, dimostra di essere più interessato a ciò che questo processo ha
portato. Vedi alla voce «Ready Face», la tecnologia in grado di dare un volto
al patogeno utilizzata in Antiviral. Questa
dà un output fotografico che identifica giorni e settimane
di malattia in una sola immagine. Si tratta di una nuova, immediata e redditizia, forma di feticismo
in grado di riempire le esistenze svuotate di una comunità inebetita,
terrorizzata e nevrotica.
Il rigore con cui Brandon Cronenberg costruisce la
sua visione è spezzato con genialità dal corpo del protagonista Syd March, contorto,
teso, accucciato, mefitico e allucinato, esso stesso è un’opera d’arte realizzata
dall'eccezionale Caleb Landry Jones.
Al suo fianco la già nominata Sarah Gadon e Malcom McDowell.
Antiviral, grazie
anche a un finale disturbante e asfittico (con un bell'addio al «riposi in pace»),
è una delle pellicole più interessanti dello scorso anno e segna, insieme a Excision di Richard Bates Jr., la strada del cinema che verrà. Un cinema estremamente libero e vitale, capace e
coraggioso, con una particolare attenzione al corpo e alla deriva cui è
sottoposto dall'oggi.
Complimenti per il blog! Bella grafica e scritto molto bene! Solo che non ho trovato la funzione per unirmi ai lettori fissi...
RispondiEliminaValentina, ti ringrazio moltissimo! Non avevo ancora inserito il widget, l'ho fatto dopo aver letto il tuo commento.
RispondiEliminaA presto!