Recuperiamo
da dove abbiamo lasciato i nostri «Michigan boys». Anzi no, torniamo un po’
indietro, alla genesi della trilogia “altra” de La casa, quando i
giovanissimi Sam Raimi, Bruce Campbell, Robert G. “Rip” Tapert e Scott Spiegel sono nell'occhio del ciclone
della loro passione: i filmati in super 8 e hanno quest’idea folle di
realizzare il film più disturbante della storia del cinema d’orrore. Un film
che nei loro progetti aveva ancora Book
of the dead come titolo e tantissimo bisogno di finanziatori. Roosevelt una
volta disse «fai quello che puoi con quello che hai, nel posto in cui sei» e
questo fecero Raimi e i suoi compagni, buttarono giù e girarono in Super 8 un
sunto cinematografico della loro idea di orrore, un condensato di tutti quelli che
sarebbero stati gli stilemi e le caratteristiche formali del loro film, usando persino
alcuni degli attori che poi avrebbero recitato nel loro primo lungometraggio.
Nacque così Within the woods, un corto di trentadue minuti, girato nella
fattoria dei Tapert (ricordiamo, «nel posto in cui sei») con protagonisti Bruce Campbell e la mia preferita tra
le «ladies of Evil Dead»: Ellen Sandweiss.
Nonostante
la bassa qualità delle copie in giro di Withinthe woods (a quando un cofanetto della trilogia con la riedizione del
cortometraggio?) il recupero riserva grandi sorprese e accende gli animi di
entusiasmo. Chi pensa che la genialità di Sam Raimi risieda solo nelle scelte
formali, nella camera che corre rasoterra, nella propria interpretazione della slapstick, si sbaglia. Nella sua visione
c’è quell'attitudine a «fingere le cose paurose» che nasce dalla cultura
americana più classica e simbolica, quel fiume carsico che attraversa i boschi
su cui posarono lo sguardo i padri pellegrini, la rassicurante suburbia in cui
i bambini giocano col non-visibile, i luoghi dei nativi sporchi di sangue e senso di colpa. In buona sintesi quel
Gotico Americano che Raimi richiama già in Within
the woods, con il portico e una dondola identica a quella che troviamo a
casa dei Finch nel film Il buio oltre la
siepe di Robert Mulligan, qui impazzita e disturbante nel suo sbattere
continuo contro la parete di legno.
Bruce Campbell e Sam Raimi sul set di Within the woods. |
Bruce,
uno scout nerdish con la passione per
gli indiani d’America porta la sua ragazza Ellen a fare un pic-nic in una
radura in mezzo al bosco. Una radura che, neanche a dirlo, si apre su un
cimitero indiano, dove recuperare antichi monili ancora intatti e sentire
(anche troppo vicino) lo spirito TINGA, che protegge la sacralità di quei
luoghi...
In
Within the woods Raimi presenta le sue
ossessioni più succose per solleticare l’immaginazione di eventuali futuri produttori: la
possessione, la camera che insegue i personaggi rasoterra, la dicotomia
sicurezza-abitazione (alla base dello status sociale americano dal boom economico fino agli anni zero), il gore, le situazioni al limite (porte che
s’incastrano su amici morenti, soffocamenti sul tavolo del Monopoli, finestre e
porte che non fanno MAI il loro dovere), la cantina, lo smembramento, il finale
aperto.
Riscopriamo
quindi la genesi della più folle e sorprendente saga horror, una genesi che
porterà alla creazione di un vero e proprio fandom
in continua crescita, già pronto ad appassionarsi al reboot lanciato quest’anno da Fede Alvarez.
Di seguito Within the woods sottotitolato in italiano:
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