venerdì 9 marzo 2012

Le 13 cose di Alessandro Turati (2012)


Esce per NEO. Edizoni un nuovo volume, un romanzo (almeno da quello che recita la copertina) di un giovane autore Alessandro Turati. Il volume ha come titolo Le 13 cose e durante la lettura mi ha fatto letteralmente saltare sulla sedia. Da tempo mi interrogo sull’eventualità (plausibile? Impossibile?) di un percorso, una linea di sperimentazione legata all’Avant-Pop in Italia. Alessandro Turati, esordiente, mi fa ben sperare.
Le 13 cose è certamente un romanzo, ma derivatizzato, nato da un brodo post-requiem in cui si sono diluiti la tradizione emozionale della narrativa giovanilistica, l’utilizzo armato e terroristico di scelte stilistiche e oggetti culturali e la narrazione in prima persona della letteratura mainstream. Le 13 cose possiede un ritmo sincopato, uno stile paratattico creato ad hoc per provocare nel lettore – attraverso vere e proprie «piroette verbali» - una sensazione di claustrofobia che già dalle prime pagine avvertiamo deflagrante e piena di possibili, infinite soluzioni. I personaggi sono contenitori/erogatori di immaginari personali franti, interscambiabili, ricostruibili più volte per creare sempre nuove narrazioni. Quest’operazione induce nell’autore e nel lettore la proposizione dada di narrazioni altre, limitrofe, contenute nel flusso concitato di quella maggiore, che di contro si allunga, si ampia e si espande, si gonfia e si edulcora.


La storia – o le storie – racconta(no) della sublimazione di un dolore attraverso un racconto picaresco, una trama lineare su cui sono innestate, come una vera e propria infezione narrativa, centinaia di microstorie, riscritture, giochi linguistici, motti, citazioni dall’immaginario culturale e letterario (Gozzano, Ungaretti, Cartesio, David Lynch) che provocano perturbazione e restituiscono perfettamente la sensazione di spaesamento e elaborazione del dolore provate dal protagonista scellerato che ha perso la sua scellerata compagna a causa di un cancro. Meritano particolare attenzione i finali, onirico-orrorifici. il primo è un ritratto in interni dai connotati distorti, gonfi (come i due protagonisti), pronto a defluire (o ancora a deflagrare?) nel secondo: un incubo tragicomico a metà fra Fantozzi e il Lucio Fulci di E tu vivrai nel terrore! L’aldilà, anche questo già pronto a ricostruirsi in una terza appendice consolatoria, fiabesca, aperta verso il bosco narrativo, dove è impossibile passeggiare se non con il rischio di reincarnarsi e mutare in qualcosa d’altro. 

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