Diciamolo subito: la lettura di Un uomo solo è dolorosa e
caustica. Quando il romanzo viene pubblicato è il 1964 e il suo autore, Christopher Isherwood, ha sessantatré
anni, alle spalle una vita e una carriera di intellettuale esemplari. Dopo i
tentativi di permeazione autobiografica del passato, Isherwood riesce
nell’intento col racconto del cinquantenne George, professore di origini
inglesi, insegnante alla Los Angeles University. È lui l’«uomo
solo»
del titolo, sopravvissuto alla morte del compagno Jim. In George confluiscono
l’impegno politico e l’incisività espressiva di Isherwood. É
topico in questo senso il monologo su alterità e odio razziale in cui sfocia la
sua lezione in merito al romanzo di Aldous Huxley Dopo molte estati muore il cigno. Il testo di Huxley con il suo bouquet
di personaggi sembra far da simulacro narrativo per quelli dello stesso romanzo
di Isherwood (entrambi i romanzi sono ambientati in California e hanno un
personaggio di origini inglesi, come i due autori). Se Huxley in Dopo molte estati muore il cigno volle
riflettere sulla superficialità e sull’ossessione per la giovinezza della
cultura americana, Isherwood si occupa – con una tale lucidità e amarezza da
diventare esemplare – di identità, sia essa geografica piuttosto che sessuale,
solitudine, condizione omosessuale, senescenza e desiderio.
Il lettore potrà sì avvertire
ogni momento di dolore di George per la perdita di Jim ma gli sarà impossibile
averne pietà perché la sincerità dell’uomo nell’esprimerlo - come nel
descrivere se stesso, le sue pulsioni, i suoi atteggiamenti più piccati e
antipatici – è totale. Si riscontra nel continuo confronto con gli altri: i
vicini benpensanti, la brigata dei suoi studenti al college (che andrebbero
letti come corrispettivi del personaggi del castello di Huxley) ma soprattutto
l’amica di vecchia data Charlie e l’efebico Kenny. La prima è la «donna»,
l’unica che George abbia mai avuto e voluto nella sua vita (a parte la venefica
Doris che provò tempo addietro a carpirgli Jim). Charlie, nonostante i
tentativi di George di tenerla lontana dalla propria esistenza, è per lui madre
e compagna, è l’unica che ha potuto salvarlo dal non-commiato con Jim (morto a
chilometri di distanza per un incidente stradale), l’unica con cui può lasciarsi
andare allo spleen per l’isola
d’Albione, da cui entrambi provengono. Kenny Potter è invece la
materializzazione del desiderio di George. Il dolore, infatti, non è mai riuscito
a spegnere le sue pulsioni, ed ecco che seduto allo Starboard Side (dove anni
prima aveva incontrato per la prima volta proprio Jim) riconosce Kenny, uno dei
suoi studenti. Questi, spirito panico, lo condurrà in una folle corsa sulla
spiaggia e poi fra le onde del mare, che avvolgono George e lo mostrano a se
stesso per l’uomo che realmente è. A casa George incalzerà il ragazzo, lo porrà
di fronte al dovere della sincerità, un testamento onirico prima di essere
avvolto da un’ultima immagine, la risata argentina e ambigua di Kenny. Questa
precede l’oblio e l’amara chiosa per voce ipotetica del narratore, con la quale
si chiude la giornata e la vicenda di George, in un’ultima caustica espressione,
decisamente à la Isherwood.
Un uomo solo è un romanzo che più dei precedenti pone l’autore de La violetta del Prater e Mr. Norris se ne va
fra i migliori autori della letteratura americana contemporanea, finalmente
non solo per lo stile icastico e sincero ma per la bellezza delle immagini e la
forza e l’amarezza di una visione tutta sul viale del tramonto.
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