venerdì 13 luglio 2012

Per una lettura trascendentalista de Le avventure di Tom Sawyer


Considerando Mark Twain in riferimento alla narrativa contemporanea possiamo parlare di “presenza” piuttosto che di “influenza”. L’autore di Vita sul Mississippi è certamente presente sia come modello linguistico sia come materiale culturale da manipolare. Ne è un esempio Joe R. Lansdale assai influenzato dalla letteratura di Twain, come sottolineano Luca Briasco e Mattia Carratello «[…] per più di una ragione: una vis comica sempre venata di cattiveria e di anarchismo; la dimensione totalmente orale del linguaggio e dello stile; la scelta di un regionalismo che non rinuncia a proporsi come universale.». Recuperiamo con rinnovato interesse il volume Le avventure di Tom Sawyer (1876) dalle nostre librerie, rileggendolo – oltre all’entusiasmo di ritrovare Tom, Huck, Becky, zia Polly, persino il viscido Sid – ci accorgiamo che sono l’interpretazione del simbolismo – «parte fondante di tutta la cultura americana» direbbe un piccato Christopher Isherwood - l’uso di una lingua che ingloba espressioni dialettali e regionalismi e la capacità di manipolare la tradizione (nel caso di Twain quella orale), a fare da esempio per la narrativa dei decenni successivi. Tom Sawyer assorbe e reinterpreta i modelli mutuati dagli adulti, persino la religione con i suoi concetti di colpa e pena è rielaborata dal basso attraverso le superstizioni che Tom e Huck continuano a citarsi addosso l’un l’altro. Tom fa dell’interpretazione personale un punto di forza, egli rielabora modelli letterari (come Robin Hood) e azioni compiute dagli adulti per produrre deduzioni personali “altre”. Tom poi ama la natura e nonostante sia necessariamente legato alla famiglia (lo dimostra il ritorno nottetempo dalla fuga piratesca insieme ad Huck e Joe Harper solo per baciare la fronte di una dormiente zia Polly) desidera continuamente di immergervisi. Tom è una chiara rappresentazione del pensiero trascendentalista (che avev già influenzato Abraham Lincoln), è la manifestazione di un idealismo e ottimismo che trova espressione nel culto della natura e della self-reliance. Mark Twain risponde così all’arido e mellifluo pensiero dominante, fatto di sterile e improduttivo rigore, moralismo da sottana (splendido l’inserto riguardante i temi svolti dalle signorine all’esame elementare) e minimalismo da steccato (incarnato perfettamente da Sid che non lascia mai l’abitazione se non per andare a scuola o in chiesa).

All’orizzonte si estende il totemico fiume Mississippi, pronto ad accogliere il percorso liberatorio dei protagonisti, ma che solo nel volume Le avventure di Huckleberry Finn, grazie anche alla figura dello schiavo Jim, potrà realmente farsi simbolo di libertà e rendere adulto il picaresco giocoso di questo volume. Solo allora il Mississippi diverrà perfetta metafora delle ansie della società americana, attraversata da profonde tensioni razziali e da una guerra  civile nata da tormentose divisioni di classe. 

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