«Stiamo perdendo tutti la nostra umanità, poco a poco: che succeda di colpo da un giorno all’altro, fa poca differenza».
Anticipatorio, cellula totipotente della cultura
popolare, modello, immaginario, riflessione umana (lontana da qualsiasi lettura
politica, checché ne dicano le prime pagine scritte alla sua uscita), tutto
questo è L’invasione degli ultracorpi
di Don Siegel (1956). Chi non
ricorda l’arrivo silente dei replicanti alieni nella città di Santa Mira?
Simulacri in carne, ossa e tegumento. Come accorgersi dell’invasione se le
copie non-umane sono perfettamente identiche allo stampo cui si sostituiscono?
Grazie a un marker prezioso:
l’assenza di alcun moto dell’animo. Un’intera gamma emozionale totalmente aliena
ai replicanti. Ecco che, allora, è l’umanità dell’osservatore a fare la
differenza. Inizialmente ad accorgersi delle sostituzioni saranno gli individui
che possiedono la più spiccata delle sensibilità (come i bambini) poi però? È
possibile fermare un’invasione così silenziosa e sistematica?
La forza de L’invasione
degli ultracorpi sta nel suo essere oggetto “altro” rispetto al mainstream cinematografico, quello che
l’ha reso immortale è la forza dell’idea e la sua messa in scena
claustrofobica. In una contemporaneità in cui tutto è rapido e affidabile con
quale sguardo possiamo discernerne e indagare il reale? Non a caso L’invasione degli ultracorpi è tra i più
amati dal personaggio di X-Files, Fox
Mulder. Non c’è bisogno di dire quanto sia la serie sia il personaggio paghino
debito al film di Don Siegel. Non sono gli unici. La pellicola, girata con un budget
ridotto e scritto con la revisione di Sam Peckinpah, nonostante il finale posticcio voluto dalla produzione è diventato una pietra
miliare nel tornado caleidoscopico della cultura popolare, influenzandola sotto
diversi punti di vista: la tensione creata senza uso di effetti speciali,
l’idea dell’invasione di una cittadina isolata, la replicazione aliena.
L’invasione
degli ultracorpi possiede la straordinaria dinamica e l’azione tipica dello
stile di Siegel ma con una disturbante e umbratile patina di tensione, orrore e
raccapriccio. Pensiamo alla lenta presa di coscienza da parte del dottor Miles
Bennel (Kevin McCarthy), gli abitanti di Santa Mira che a uno a uno sono
sostituiti, aumentando gradatamente e con sapienza l’orrore dello spettatore
che impotente assiste all’invasione, gli eventi della notte con il ritrovamento
del corpo replicante steso sul tavolo da biliardo, i baccelli che invadono le
strade di Santa Mira pronti a essere trasportate in tutto il mondo.
Nessun commento:
Posta un commento