Dopo aver
raggiunto il grande pubblico con quell’oggetto delicato, umbratile e
opalescente che è Mysterious Skin, Gregg Araki lascia la zona suburbana e
gli orrori che i suoi steccati bianchi celano alla vista per tornare
nell’affollata e bidimensionale Los Angeles e concedersi un giro sulla ruota
panoramica con Smiley Face. Il giro parte e ci coglie di sorpresa mentre la
voce del doppiatore Roscoe Lee Browne risuona per l’ultima volta nell’àere di
una mattina assolata, per noi nullafacenti e biondi come la protagonista Jane
F. (Anna Faris, la cui mimica è un puro distillato di empatia) è persino
accecante. Inizia così il vorticoso tour, il percorso al cardiopalma, che ci
porterà a una lucida, spassosa, iconica, e neanche a dirlo, disatrosa
rappresentazione della generazione che vive sul ciglio della crisi economica
del 2008.
Sul
divano di un appartamento condiviso con un nerd agghiacciante (Danny Masterson
che nelle visioni allucinate di Jane F. si scopa un teschio), mentre aspetta
l’assegno dei genitori e il sussidio di disoccupazione la nostra eroina, in
preda alla fame chimica si pappa tutti i cupcake
che Steve aveva preparato con la marijuana per una convention di fantascienza. La
sua sarà la fine di un’Alice in un paese delle meraviglie fatto di danni e
allucinazioni. Le avventure e le visioni di Jane F. durante il suo peregrinare
permettono ad Araki di riversare in Smiley
Face una cornucopia di stili e registri, giustapposti, commissionati fra
loro, schegge che dal tornando Avant-Pop brillano fra le nuvole posticce che
Jane F. disegna col dito: La fabbrica
delle mogli di Ira Levin, Second Life,
il teen drama (Adam Brody sotto una
cascata di dreadlock posticci e JohnKrasinski con gli occhiali che furono di Brady Corbet in Mysterious Skin che si masturba sotto la doccia come James Duval
in Nowhere), la Reaganomics applicata
al mercato degli stupefacenti e il marxismo ai tempi del «No Logo», la fiaba, Carrot Top e
ancora le pettegole di Mondo Trasho
sui bus di Los Angeles, un casting gestito da Jane Lynch, una copia del Manifesto del partito comunista fra le
mani di Marion Ross e Danny Trejo tranquillo dipendente di un’azienda di carni
macinate… su tutto questo si dilata l’impossibilità di elaborare, definire e
comunicare di Jane F.
Se vi
state chiedendo cosa fare dopo aver consegnato al mondo il vostro capolavoro,
potreste provare con la scelta di Gregg Araki, un giro sulla ruota panoramica
in compagnia di un sacchetto di erba buona e una penna per scribacchiare i
vostri piani futuri sulle pagine del Manifesto
di Marx e Engels.
uno dei pochi film di araki che ancora mi mancano...
RispondiEliminadovrò recuperarlo!
Marco, Smiley Face non è tra i miei preferiti di Gregg Araki e alla prima visione mi sembrò desolante ma ci trovo comunque delle suggestioni interessanti che non si possono spazzare via così. È un'interessante rappresentazione della generazione pre-crisi (il film è pure del 2007), Anna Faris e la sua mimica sono memorabili, l'orgia di registri e stili, il marxismo nell'era del NO LOGO. Insomma non voglio gettarlo via così in fretta.
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