lunedì 24 settembre 2012

Ferro 3 - La casa vuota di Kim Ki-duk (2004)


Si è appena conclusa la 69esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con il Leone d’oro assegnato al regista sud-coreano Kim Ki-duk. Un rapporto duraturo quello di Ki-duk con la manifestazione veneziana, iniziato nel 2000 con la presentazione de L’isola, continuato con il Leone d’argento al suo Ferro 3, fino all’incoronazione con Pietà.
Oggi vorrei tornare a Ferro 3 – La casa vuota, pellicola concettuale, empatica in maniera ecumenica. L’elegante metafora simmetrica costruita da Kim Ki-duk è puro piacere visivo ed emozionale. Seguire Tae-suk (Hyun-kyoon Lee) nel suo progetto ontologico e identitario è un’esperienza poetica. Il giovane e umbratile Tae-suk s’introduce in abitazioni temporaneamente disabitate, nelle cui identità diluisce se stesso (si susseguiranno l’appartamento familiare, l’abitazione di lusso, la casa di due sposini, l’appartamento minimale di un artista e quello spoglio di un anziano). La permanenza di Tae-suk nelle diverse abitazioni è fatta di gesti ripetuti, come in un rituale: la dismissione dei propri abiti, l’abluzione, l’omaggio alla casa (lavando i vestiti dei proprietari, rigorosamente a mano o spruzzando d’acqua le foglie delle piante), la musica (esiste rituale senza il giusto accompagnamento musicale a enfatizzarlo? Qui è la splendida Gafsa di Natacha Atlas), l’immagine (Tae-suk fotografa se stesso all’interno delle case con una fotocamera digitale compatta) la comunione del cibo, infine la mutazione di alcuni oggetti all’interno della casa. Manipolazione che altro non fa se non sfidare la percezione sensoriale dei proprietari. L’immagine fotografica ha poi un forte impatto emotivo su Tae-suk, tramite essa egli conoscerà il volto della meravigliosa Sun-hwa (Seung-yeon Lee), scrutando ogni immagine nel portfolio trovato all’interno dell’elegante casa in cui è entrato. È però davvero Sun-hwa quella che vediamo nelle immagini incorniciate, nel portfolio e nella casa del fotografo che Tae-suk e Sun-hwa violeranno poi insieme?

Tae-suk lavora sulla percezione di sé.
In un delicato ma impermanente rapporto basato sul silenzio, i due inizieranno a muoversi di casa in casa, di luogo in luogo, sperimentando su se stessi e sugli altri l’impatto della percezione, in una lunga, adorabile flânerie. Tutto ciò mentre il loro rapporto - basato sulla concettuale comunione e condivisione d’intenti - cresce e si evolve.
Proprio sulla percezione di sé continuerà a lavorare il sardonico Tae-suk, quando sarà arrestato (per opera di un commissario che sembra uscito da un film di Takashi Miike) e imprigionato. Sarà un piacere assistere alla sua preparazione (con la complicità di un secondino) nei confronti di quel «disappear here» che è ossessione e topos della cultura contemporanea. La breve sequenza in cui lo sguardo dello spettatore ha un confronto diretto con quello di Tae-suk, prima che questi scompaia alla vista, è pura catarsi cinematografica.
Raggiunto il suo obiettivo - mentre Sun-hwa vive nell’attesa del suo ritorno, ribellandosi finalmente al marito violento – Tae-suk tornerà nelle case visitate insieme a Sun-hwa per completare il rituale (sconvolgendo con la sua non-presenza proprietari e inquilini) per poi raggiungere una perfetta sintesi simmetrica con l’amata (che ritrova la parola, ormai orpello percettivo usato con la funzione di distrarre il marito). Sintesi perfettamente racchiusa nell’immagine finale: la bilancia manipolata e senza peso su cui poggiano entrambi i protagonisti e nella citazione ontologica che la completa.


4 commenti:

  1. Straordinario commento di un film che mi è rimasto nell'anima sin dalla prima volta che lo vidi. L'immagine della bilancia ce l'ho ancora impressa negli occhi.

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  2. Ale ti ringrazio, verissimo, quella meravigliosa immagine, le note di "Gafsa" tutto contribuisce alla sensazione di simmetria e purezza che permea il film.

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  3. Bellissima recensione per un film delicato come pochi altri ne ho visti.

    Per me la fine di Ferro 3 è uno dei più bei finali che abbia mai visto.

    A presto

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  4. Ti ringrazio! Concordo, il finale di "Ferro 3" è così forte, simmetrico, empatico. Davvero unico.

    A presto

    S.P.

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