domenica 25 novembre 2012

Dracula 3D di Dario Argento (2012)


Dopo l'uscita di Giallo ci eravamo davvero rassegnati a dire addio a Dario Argento. Restava l’affetto spropositato nei suoi confronti, nei confronti della sua Opera (che nel mio caso raggiunge la vera e propria venerazione) e della sua creatura in carne, ossa e tegumento: Asia Argento. Dopo le prime notizie sul progetto Dracula mi sono chiesto il perché Dario Argento abbia voluto confrontarsi con un immaginario oggi estremamente saturo e inflazionato come quello delle zannute creature della notte. Perché farlo con precedenti - attenendoci alla sola contemporaneità - dalle dimensioni artistiche di un Moloch come quello di Francis Ford Coppola? La catastrofe sembrava annunciata: la pellicola nonostante sia ben girata risulta telefonatissima, non ha alcun guizzo tensivo figuriamoci se orrorifico. Mi è bastato andare a vederlo per capire che, nonostante ciò, Dracula 3D è un vero capolavoro. Lo è perché è un’opera camp come non se ne vedevano da un pezzo. Se osservato dalla giusta prospettiva – che potremmo battezzare come il senso di Dario per il kitschDracula di Dario Argento è una visione imperdibile e spassosissima. C’è di più, la scelta del camp applicata a un genere ormai mainstream, normalizzato, persino conservatore, come quello dei vampiri (si pensi alla saga di Twilight dove questi poveri disgraziati da sempre simbolo di pansessualità e ludibrio praticano la castità, non desiderano altro che il matrimonio e mettono alla luce paffute creature da reclame) diventa una scelta programmatica. Il camp è, com'è sempre stato dai tempi in cui Sontag lo teorizzò, la via d’uscita, il salvacondotto per una visione moderna e libera.

Asia Argento: espressione cult.
Il film è camp persino nel nome: il pretenzioso Dracula di Bram Stoker è qui «di Dario Argento», aprendo così allo spettatore un immaginario familiare, esteticamente ben codificato. La fotografia del leggendario Luciano Tovoli, dalle luci calde sapientemente diluite in una spessa coltre fredda e glaciale, crea un’atmosfera pop che trasforma il Ricetto di Candelo nel biellese, la corte del castello e i boschi, nel set ideale per il ritorno più camp di Dracula dai tempi di Andy Warhol.  La colonna sonora di Claudio Simonetti (che, sono certo, diventerà presto un motivo virale) muove altresì verso questa direzione, sottolinea e sostiene tutti i momenti che niente vogliono avere a che fare con la tensione bensì con l’esaltazione del dettaglio opalescente (un occhio, l’esoscheletro di uno scarafaggio, il manto di un ratto, le mosche che rientrano sotto la cute del Conte), gore, sanguinolento e sensuale. La tendenza melodrammatica della trama, che la critica istituzionale ha definito «romantica» (sic!), non è altro che un ulteriore indirizzo camp, la stilizzazione manieristica che permea ogni scena, i gesti solenni, la recitazione sapientemente affettata (momento più alto: l’espressione di Lucy nello scontro con Van Helsing, di cui vogliamo presto un meme), le ripetizioni comiche fanno di Dracula 3D un saggio su «l’importanza di essere artificiali». Dario Argento ci offre una visione altamente teatralizzata, composizioni estremamente calibrate in cui incastonare corpi (come quelli di Miriam Giovanelli o Asia Argento), moti fisici e dell’anima (i sospiri orgasmici delle vittime al momento del morso, gli attacchi dei tre vampiri).

Godiamoci quindi l’incarnato porcellanato del cadavere di Lucy contornata da rose rosse ipersature, gli sguardi deliranti di Tania, le metamorfosi animalesche del Conte, il sogno rayografato di Mina (la splendida Marta Gastini), l’uso accurato della tecnologia 3D e dell’audio (che regala più di un sobbalzo), il gore brillante e sanguinolento che ha fatto storia (qui accuratamente manierato), in un film che, statene certi, torneremo a rivedere come un cult.


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