giovedì 26 dicembre 2013

Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006)

Shüttern sul Reno, 1770. Un confine che è già la parete di una prigione accoglie il corpicino, presto svestito di ogni spoglia austriaca, della giovane arciduchessa Antoine. L’appena quattordicenne deve rinunciare al suo nome e a tutto ciò che di austriaco si porta dietro per divenire Marie Antoinette, Delfina di Francia. Per il suo terzo lungometraggio Sofia Coppola costruisce una nuova prigione - qui dallo sfarzo inaudito trattandosi del vituperato simbolo dell’assolutismo: Versailles - dentro la quale i suoi giovani protagonisti sperimentano rinunce, costrizioni e reazioni. Così come i giovani eroi de Il giardino delle vergini suicide e Lost in translation, Marie Antoinette è costretta a trovare la propria chiave di sopravvivenza nell’ostico labirinto delle convenzioni e dell’etichetta (si vedano le scene della vestizione mattutina per mano della corte), nell’incombente tragedia storica.
La Francia pre-rivoluzione di Sofia Coppola è un caleidoscopio visivo ed emozionale dove il re ha il volto timido di Jason Schwartzman, Marianne Faithfull è l’Imperatrice Maria Teresa, Asia Argento veste i panni della sfrontata Contessa Du Barry, la notoria protetta del re, Jamie Dornan è il bellissimo Conte di Fersen, Rose Byrne è la Duchessa di Polignac, arbiter elegantiae libera e anticonvenzionale e la regina Marie Antoinette ha il volto di una delle vergini: Kirsten Dunst. Quella di Sofia Coppola è una Versailles in cui risuonano Siouxsie and the Banshees, Adam and the Ants i Cure di Plainsong, gli Air e The Strokes, si indossano parrucche altissime dall’attitudine punk e Converse All Star giacciono sotto tavolini stracolmi di leccornie e coppe di champagne.
La Marie Antoinette di Sofia Coppola e Kirsten Dunst è un personaggio assai riuscito. È naturalmente empatico sin dall’inizio ed è una delle migliori rappresentazioni contemporanee del femminile al cinema. In lei si ritrova la coscienza dell’impegno (nella ricerca della maternità desiderata dall’Imperatrice Maria Teresa per fissare il legame tra Austria e Francia) rispetto all’inettitudine del Delfino di Francia, l’evasione dal ruolo precostituito grazie all’amicizia con la Duchessa di Polignac, il sogno d’amore (nei giorni bianchi e luminosi di Petit Trianon con il Conte di Fersen) e la matura difesa del nucleo familiare, quando però è ormai troppo tardi e la Marcia su Versailles è già in atto.
Visivamente il film possiede un codice preciso e riconoscibile, insieme sapiente della fotografia di Lance Acord, luminosa e sui toni pastello che furono de Le vergini e degli splendidi costumi di Milena Canonero che per il meraviglioso lavoro vinse il suo terzo premio Oscar nel 2007.
Non sorprende che Marie Antoinette, continua a essere oggetto di culto. Grazie al suo appeal emozionale e alla sua attitudine scientemente Avant-Pop ha conquistato di diritto un posto centrale nell’immaginario cinematografico contemporaneo. 

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