Anche il Giappone ha avuto il suo spaghetti western
in età contemporanea, girato nientemeno che da Takashi Miike, signore e signori, nel 2007. Si tratta del
portentoso Sukiyaki Western Django. Due ore di roboante commistione fra
elementi orientali e occidentali, statunitensi e giapponesi, contemporanei e
risalenti alla guerra civile americana. Il lavoro di “Beat” Takashi è immane
perché rende, elegante, fluido e coerente un flusso narrativo nato dal
compenetrarsi di due canoni: il racconto orientale di vendetta (con la sua base
di onore, violenza e spiritualità) e il western all'italiana, cinico, violento,
antimoralistico e pessimista. Il film è introdotto dal frammento di Piringo
(interpretato da Quentin Tarantino!), un pistolero che in uno scenario posticcio
e teatrale recupera un uovo già ingoiato da una serpe per preparare il suo sukiyaki. Piringo
racconta della leggendaria battaglia fra gli Heike (i bianchi) e i Genji (i
rossi) a dei pistoleri che sembrano braccarlo. Da qui prende avvio la vicenda
vera e propria, con l’arrivo di un pistolero solitario in Nevada (come indica
un segnale di legno intagliato a caratteri giapponesi…) e il suo confronto con
le due bande di filibustieri in lotta per accaparrarsi una cittadina che
custodisce un enorme tesoro.
Fra storie di estrema violenza e poesia (come vuole
il canone giapponese), comicità, catarsi danzanti (imperdibile il frammento in
cui la “tentatrice” Shizuka racconta il suo dramma per movimenti nel saloon
degli Heike), racconto orale, mitologia e agnizioni in duello, Takashi Miike
realizza una grande opera Avant-Pop. In Sukiyaki
Western Django il frammento non è mai lasciato a se stesso o giustapposto,
è bensì elemento integrato nella narrazione. Ecco perché troviamo plausibile (e
meraviglioso) che il rozzo Kiyomori, leader dei Rossi, tiri fuori l’Enrico VI di Shakespeare, evocando la Guerra delle due rose (come Piringo
aveva citato la Battaglia di Dan-no-ura), o che Benkei, con indosso un cappello
coi crini in stile tibetano, trascini dietro la sua diligenza una copia esatta
della bara del Django corbucciano
contenente anch'essa un’enorme mitragliatrice.
Il film, secondo la tradizione dello spaghetti
western, è ricco di inseguimenti e scontri all'ultimo sangue ambientati in uno
scenario desolato e fangoso. Takashi Miike ne rende ancora più spassosa la
visione attraverso l’uso di una regia composita, con soluzioni anche molto
originali come lo screencap o
l’inserto di animazione (un flashback formativo come quello di O-ren Ishii in Kill Bill vol.1) dedicato a Bloody
Benten (Kaori Momoi).
.
In definitiva Sukiyaki
Western Django non è solo una pellicola imprescindibile per comprendere
l’impatto che il western all’italiana ha sulla cinematografia mondiale ma è
soprattutto un incredibile occasione di confronto con il cinema spassoso e
geniale del grande Takashi Miike.
Solo qualche anno dopo arriverà Django Unchained di Quentin Tarantino, ma questa, come si dice, è
un’altra storia.
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