domenica 10 marzo 2013

Tarantino e l'omaggio corale alla Nouvelle Vague: Four Rooms (1995)


Difficile destreggiarsi tra i molti progetti portati avanti da Quentin Tarantino: le presentazioni, le collaborazioni, le consulenze, i cammei. Prendiamo per esempio il progetto Four Rooms, nato dal suo desiderio di realizzare un film collettivo (doveva intitolarsi inizialmente Five Rooms prima della defezione del regista Richard Linklater), al fianco di alcuni colleghi del Sundance Film Institute: la regista indipendente Allison Anders (Mi vida loca), il regista, sceneggiatore e produttore Alexandre Rockwell (In the soup) e l’amico fraterno Robert Rodriguez (Sin City). Tarantino - qui intenzionato a omaggiare la Nouvelle Vague - portò avanti il progetto con il proverbiale entusiasmo che lo caratterizza ma il risultato – oggi storicamente apprezzato – non suscitò la giusta risposta di critica e pubblico. E dire che anni dopo, schiere di esegeti in tutta America e Europa si sarebbero occupati di sviscerare intenti, stilemi, citazioni (moltissime, come sempre) e divertissement assortiti dei quattro registi, portando ognuno degli episodi in cui è suddiviso il film allo status di cult da celebrare con attitudine feticista.
Collante fra le quattro storie – ambientate in altrettante camere dello stesso albergo – è il fattorino Ted (interpretato da un Tim Roth in versione Buster Keaton postmoderno) che si muove fra le diverse camere fino al crollo nervoso e al magistrale climax finale.
L’hotel è sempre stato uno dei paradigmi Avant-Pop attraverso cui declinare temi, esperimenti stilistici e costruzioni di immaginari. Pensiamo a Hotel Room di David Lynch o al film 1408 tratto dall'omonimo racconto di Stephen King.
Il primo episodio: Honeymoon Suite - The Missing Ingredient scritto e diretto da Allison Anders vede un gruppo di streghe (tra cui una Madonna appena uscita dalle pagine di SEX) impegnate a sedurre Ted per carpire il suo sperma, ingrediente finale che riporterà fra noi la Dea cui la congrega di streghe è devota. Fra citazioni d’antan come il burlesque à la Betty Page e effetti posticci multicolori, Ted finirà per cedere alle lusinghe della strega designata a “prelevare” il materiale (una fragolosa pin-up interpretata da Ione Skye) e la congrega potrà così completare il proprio rituale.
Il secondo episodio: Room 404 - The Wrong Man diretto da Alexandre Rockwell vede Ted finire per sbaglio nel bel mezzo di un gioco pericoloso fra due folli amanti (di cui Ted sconosce la matrice ludica). Il marito Siegfried accusa Ted di aver irretito la moglie (Jennifer Beals) tenuta per questo legata a una sedia. I tre danno vita a una sequela di dialoghi e sketch meravigliosi (come quella in cui Jennifer Beals inizia a ripetere tutti i sinonimi della parola «pene»).
Il terzo episodio: Room 309 – The Misbehavers diretto da Robert Rodriguez è in assoluto quelle che preferisco per la quantità di dettagli e riferimenti inseriti, primo fra tutto la pulp story qui rivisitata abbassando il punto di vista su due demoniaci pargoletti, figlioli della coppia Banderas-Tomita. I due minuscoli disgraziati passano tutto l’episodio a cercare di portare al tracollo nervoso il povero Ted che verrà ritrovato dai genitori  dei bambini in mezzo alla camera in fiamme, con il piccolo impegnato a fumare e a guardare un canale porno in TV mentre il cadavere di una prostituta (palese richiamo al noir) campeggia in bella vista dopo il suo ritrovamento sotto il materasso.
Chiude il film, l’omaggio di Tarantino alla storia di Roal Dahl Man from South, ripresa da Alfred Hitchcock nella sua celebre serie Alfred Hitchcock Presenta. Qui un gruppo di buontemponi scommettono un’automobile e le dita di un amico mettendo un provato e ormai esaurito Ted al centro della riscossione. Indovinate come finirà?
Four Rooms arriva in un periodo in parte difficile per Tarantino, allora accusato anche da amici e collaboratori (come Roger Avary) di plagio e scopiazzamento assortito. Da lì in poi Tarantino si prenderà una pausa di tre anni prima di tornare alla ribalta con il cult assoluto Jackie Brown.

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