Una
cittadina di passaggio, a margine. Un incrocio di strade velocemente
attraversato dai berry pickers, i
raccoglitori stagionali di piccoli frutti come lamponi e ribes o cranberry,
utilizzati per produrre la tradizionale gelatina che accompagna il tacchino nel
giorno del Ringraziamento. Intorno i campi di granoturco sono attraversati dal
vento e insieme al frinire delle cicale è l’unico suono che accompagna la vita
degli abitanti di Winesburg, Ohio. Questo è il luogo immaginario in cui lo
scrittore Sherwood Anderson ambienta
le storie dell’omonima raccolta di racconti, pubblicata nel 1919.
Winesburg, Ohio riesce allo stesso tempo a coniugare la
tradizione letteraria americana (primo fra tutti Mark Twain), raccontare della
provincia nel momento in cui l’industrializzazione ne sta cambiando i connotati
per sempre e proporre una nuova forma narrativa - definita dall’autore stesso
«elastica» - che coniughi l’attitudine tutta europea al romanzo con la cultura
strenuamente simbolica (come la definirà decenni dopo Christopher Isherwood)
degli Stati Uniti d’America.
I
ventidue racconti della raccolta sono identificati da un titolo simbolico e
categorico che introduce il tema ma soprattutto il personaggio centrale - il
cui nome affianca e completa il titolo, per esempio: Mani. Wing Biddlebaum o Solitudine.
Elmer Cowley - a voler ribadire la centralità dei «grotteschi» personaggi
di Winesburg. Tutti i racconti convivono nell’unità di luogo costituita
dall’immaginaria cittadina - di cui Sherwood Anderson disegnò anche la mappa –
e sono connessi e attraversati dagli stessi personaggi, temi e da un registro e
un intento comune. Formano così uno straordinario affresco di voci che
ricordano le manifestazioni individuali dell’Antologia di Spoon River ma che possiedono l’energia dolorosa e la
rappresentazione disturbata, agitata e irrefrenabile del surrealismo francese,
della poesia di Gertrude Stein e dei racconti di James Joyce. Sherwood
Anderson, nei suoi racconti, parte sempre dalla descrizione dell’ambiente,
immobile, fisso e sonnolento (quando non asfissiante), un bozzetto in cui con
crescente tensione assistiamo a un’esplosione silenziosa e tutta in interni del
personaggio. Esplosione che può cogliere il lettore persino nelle ultime pagine
del racconto e che ci mostra il dolore per l’incapacità dei «grotteschi» di
esprimersi liberamente e agire in un ambiente soffocante, puritano e immobile.
Il dolore e il disagio deflagrati trovano il modo di raggiungere la superficie
e si manifestano sottoforma di stranezze, tic, momentanei momenti di follia e
guizzi di straziante consapevolezza. Il lettore gode della dolcezza delle
«mele»* di Anderson - che diventeranno categoria letteraria - ne conosce,
grazie alle digressioni narrative di Sherwood Anderson, i tratti più poetici e
delicati, intrecciati in maniera umorale e dolorosa nel loro incontrare la
realtà.
A fare da
collante e spirito narrativo abbiamo il giovane George Willard, colto nel
fremente momento in cui muove il balzo che lo porterà fuori da Winesburg per
intraprendere la carriera di scrittore. Proprio a George le «mele» affidano il
proprio racconto ed egli stesso è uno di loro, agitato e felice di nuove
consapevolezze che lo spingono verso l’età adulta.
In Winesburg, Ohio sono parte integrante
del racconto le epifanie surrealiste in notturna che colgono alcuni personaggi
come in una fotografia o in un’opera di pittura. La notte li avvolge, ne
accoglie i desideri più scabrosi, le visioni più stranianti – come il
riconoscere Dio nel corpo nudo di una donna intravista dalla finestra –
perturbanti e piene. Nella notte ci si muove, ci si incontra e i confronti si
fanno consapevoli e più chiari di qualunque mezzogiorno.
Da Winesburg, Ohio e dal suo storyteller Sherwood Anderson muoverà la
letteratura americana moderna che verrà: Fitzgerald e Kerouac per primi, poi con
fare iconoclasta anche Faulkner ed Hemingway che, maligno, parodierà il maestro
nel suo I torrenti di primavera, e in
parte J.D. Salinger.
Seguiranno
anche il cinema e la televisione, ma come sempre questa è un’altra storia.
* «In autunno si cammina per i frutteti e la terra sotto i piedi è dura per il gelo.
Le mele sono state raccolte dagli alberi dai raccoglitori. Sono state poste in
barili e spedite in città dove saranno mangiate in appartamenti pieni di libri,
riviste, mobili e gente. Sugli alberi ci sono soltanto poche mele raggrinzite
che i raccoglitori hanno scartato. Se uno le assaggia si accorge che sono
deliziose. In una piccola parte tonda si è conservata tutta la dolcezza della
mela. Si corre di albero in albero, sul terreno gelato, cogliendo le mele vizze
e grinzose e ci si riempie le tasche, pochi conoscono la dolcezza delle mele
vizze.
Conosciuto grazie a Bukowski, che lo citava fra i pochi veri eroi delle sue prime letture. Il racconto "Mani" è uno dei più belli e struggenti che abbia mai letto.
RispondiEliminaCiao!
Sono d'accordo con te, "Mani" è bellissimo! Io lo amo al pari di "pillole di carta". Felicissimo del commento di un lettore entusiasta di Sherwood Anderson. A presto!
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