lunedì 8 ottobre 2012

Io e te di Niccolò Ammaniti (2010)


Considero Io e te (Einaudi) breve e meraviglioso oggetto letterario di Niccolò Ammaniti, un nuovo passo nel percorso à rebours che muove dallo sguardo fiabesco del piccolo Michele Amitrano (Io non ho paura, 2001), passa per la metamorfosi conflittuale del tredicenne Cristiano Zena (Come Dio comanda, 2006) e approda a quello nevroromantico di Lorenzo Cuni (Io e te). Lorenzo è un quattordicenne romano con problemi di socializzazione. La madre, cui Lorenzo è estremamente legato (come da manuale), lo trascina da uno psicologo che gli diagnostica un disturbo narcisistico della personalità. Per alleviare le ansie materne Lorenzo finge di essere stato invitato da un gruppo di compagni di classe a una settimana bianca. In realtà il giovane protagonista ha già predisposto tutto per passare quel periodo in completa solitudine nella cantina del palazzo dove vive. Cibo, un televisore, la Play Station, fumetti Marvel e tre romanzi di Stephen King (non a caso maestro del “riazzeramento sociale”) saranno i suoi unici compagni di ventura.
La prima parte della storia, per voce di Lorenzo, racconta di come sia arrivato a tale decisione utilizzando una similitudine biologica (espediente retorico tanto caro ad Ammaniti): Lorenzo vessato dai compagni di ginnasio ha una catarsi dopo aver visto in televisione un documentario sugli insetti imitatori, questi riproducono l’aspetto di specie più aggressive per sfuggire agli attacchi dei predatori. Lorenzo come «una mosca travestita da ape» riesce a sopravvivere a scuola ma vuole di più. Vuole dimostrare all’amata genitrice che è un ragazzo «normale», ecco quindi la menzogna sulla settimana bianca, pronta ad avvilupparlo senza scampo, giorno dopo giorno, fino a quando il pensiero di una certa cantina non arriva a salvarlo. L’età del protagonista e la narrazione in prima persona portano il lettore a un’immediata identificazione. Identificazione con la solitudine e la malinconia materica che assedia tutti gli adolescenti, in qualsiasi tempo, a qualunque latitudine. Lorenzo è un piccolo eroe nevroromantico, lo capiamo già quando racconta dei suoi giochi infantili, come chiudere la porta e sognare che la stanza sia un cubo alla deriva nello spazio siderale. Lorenzo non riesce a dare un nome ai timori e alle sensazioni che ancora oggi, a quattordici anni, lo perseguitano, materializzandosi sottoforma di immagini che fanno proprie le lezioni calviniane su leggerezza, rapidità e visibilità. Per esempio, Lorenzo immagina di essere trattenuto da un enorme gigante di pietra che lo serra a sé impedendogli qualunque movimento (come durante l’aggressione gratuita alla madre dopo un tamponamento automobilistico cui il ragazzo assiste inerme), gigante che nel finale lo lascerà andare nell’aere e volare rapido, leggero e finalmente cosciente.

Nella seconda parte facciamo la conoscenza (forzata, nessuno doveva sapere del rifugiato in cantina) di Olivia, la sorellastra di Lorenzo, tenuta lontana dal nucleo familiare borghese della famiglia Cuni per chissà quale oscuro motivo. Olivia è la controparte panica di Lorenzo, oltre che bellissima è libera, smaliziata e fragile. Neanche a dirlo, la convivenza forzata nel tepore amniocentico della cantina, muterà entrambi e regalerà al lettore altre splendide immagini, come quella finale con i due ragazzi che ballano e cantano sulle note struggenti di Montagne verdi, convinti di poter finalmente affrontare il mondo al di fuori della cantina.

Un piccolo oggetto di grande valore empatico Io e te, da leggere tutto d’un fiato sotto le coperte, come farebbe lo stesso Lorenzo, magari prima di andare al cinema per la trasposizione cinematografica che Bernardo Bertolucci porta in sala proprio in questi giorni.


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