sabato 12 luglio 2014

Le Vergini Suicide di Jeffrey Eugenides (1993)

Benvenuti a Grosse Pointe, Michigan, dove la comunità ha costruito una zona suburbana serena, pacifica e immobile nel tentativo di lenire gli orrori (forse sepolti troppo in fretta) della guerra. Siamo negli anni Settanta e questo microcosmo chiuso, fissato sotto la fiamma di un sole sempre orizzontale e radente, è per gli abitanti più giovani un perimetro soffocato da perbenismo e minimalismo morale. Lo scrittore e vincitore del premio Pulitzer Jeffrey Eugenides ambienta qui una delle storie più iconiche e meglio riuscite della narrativa americana contemporanea: Le Vergini Suicide.
La storia è narrata da un gruppo di ragazzi catalizzati e incredibilmente attratti dalla casa della famiglia Lisbon, che campeggia al centro del chiacchiericcio e degli sguardi scrutatori di tutta la comunità. Qui si consuma, narrata dai ragazzi alla ricerca delle sue ragioni, la tragedia delle cinque figlie dei Lisbon: Cecilia di tredici anni, Lux di quattordici, Bonnie di quindici, Mary di sedici e Therese di diciassette. Mentre si avvicendano le stagioni l’aura di perfezione e perbenismo della città inizia a incrinarsi col consumarsi della tragedia delle cinque sorelle fino al finale mefitico, in cui la corruzione della casa dei Lisbon diviene il segno di un inarrestabile processo di degrado del fittizio sogno americano.
In Le vergini suicide Jeffrey Eugenides riprende stilemi e caratteristiche del grande romanzo americano e, manipolandole attraverso nuove e fresche intuizioni formali, realizza un’opera in grado di raccontare la contemporaneità e il grande tradimento del benessere postbellico. La casa dei Lisbon è l’ultima di una serie di dimore atipiche, ammantate di orrore, ignoto e pazzia della letteratura americana. È il motore immaginifico che muove l’attenzione dei giovani protagonisti, nel volerne disvelare i misteri e comprendere le dinamiche che la rendono oggetto di paura e disagio, così come la casa dei Radley de Il buio oltre la siepe o l’inquietante castello in rovina di Peyton Place o, ancora, la Casa Marsten di Salem's Lot. Collocando sia il punto di vista sia l’oggetto di attenzione nello spettro dell’adolescenza (le sorelle Lisbon, insieme, lo coprono per intero) Eugenides mette in scena la cieca repressione sessuale, che trova il suo habitat naturale nella famiglia tradizionale, in grado di immobilizzare le protagoniste, annientandole in una morsa sempre più stretta e letale.

Meritano attenzione tutti i passaggi del romanzo che hanno a che fare con l’organico e il fisiologico, odori, umori e sapori provenienti dal corpo umano rendono l’idea di un microcosmo vivo e pulsante, un vero e proprio streaming sanguigno sotto l’epidermide protettiva del tegumento suburbano. A sua volta quest’ultimo è affollato da insetti, formiche e soprattutto crisope che a nugoli ricoprono il quartiere come una coltre di cenere (in una delle soluzioni visive più felici), le foglie degli alberi, persino i parassiti che attaccano gli olmi secolari. Per la comunità suburbana, tutto ciò è oggetto di annientamento – come le pulsioni sessuali degli adolescenti – questa rimuove ossessivamente ogni traccia di movimento biologico, raccoglie e brucia le foglie in un rituale pagano di repressione, abbatte gli olmi secolari per impedire (senza risultato) la diffusione dei parassiti, elimina i corpi delle crisope da finestre e automobili.

Il desiderio ossessivo di recuperare tutte le prove e ricostruire gli eventi che hanno portato alla tragedia, il voler penetrare i segreti delle mura di casa Lisbon sono il tentativo, impossibile con armi semplici come il desiderio sessuale, di raggiungere la libertà al di fuori del microcosmo suburbano. A rendere Le vergini suicide una delle opere che meglio descrive la crisi della contemporaneità (il romanzo sarà definito «Il Giovane Holden degli anni Novanta») è la complessità inafferrabile delle sorelle Lisbon – le loro individualità diluite in un’unità inscindibile e impalpabile - imprigionate dalla violenta ossessione familiare, indagate con la lente dello psicologismo, trasfigurate dalla cronaca nera, idealizzate nel sogno d’amore adolescenziale ma mai lontanamente sfiorate nella loro reale natura. 

Da questo romanzo Sofia Coppola trarrà ispirazione per il suo primo lungometraggio Il Giardino delle vergini suicide, paradigma principe del cimema indipendente uscito nel 1999. 




2 commenti:

  1. Risposte
    1. Marco, l'ho amato anch'io, e molto! Pur avendolo finito da due settimane ne sono ancora totalmente ossessionato.

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