domenica 23 marzo 2014

Donnie Darko di Richard Kelly (2001)

Sarebbe magnifico conoscere il percorso creativo che ha portato l’allora esordiente Richard Kelly (che, stando alla foto di IMDB, somiglia tanto al suo primo personaggio) alla realizzazione di quel cult assoluto che è Donnie DarkoSì, perché il giovanissimo regista, con un budget limitato, realizza una visione d’incredibile potenza visiva e concettuale. Una visione in cui riflessione scientifica, echi millenaristici, camp, iperrealismo e iperrealtà pluridimensionale, nevrosi suburbane, gotico americano, psicoanalisi e musica pop, convivono e coagulano insieme sullo schermo. Il risultato è un’esperienza cinematografica unica e straniante, in grado ancora oggi di accendere dibattiti e discussioni, soprattutto nel grande fandom online. 
Richard Kelly ambienta la sua storia nel 1988 seguendo un percorso narrativo che si muove lungo un ponte di Einstein-Rosen (o wormhole che dir si voglia) e raccontato attraverso le visioni quotidiane del giovane Donnie Darko (Jake Gyllenhaal) nella cittadina di Middlesex, affollata da una fauna suburbana figlia delle (felici) ossessioni narrative e cinefile del regista che vanno da Stephen King, a E.T. passando per Grace Metalious, Graham Green, Dead Poets Society e John Waters.


Dalla famiglia alla scuola, il percorso è umbratile e deliziosamente camp: dalla madre, una «bitch» middle class che ha il volto di cera di Mary McDonnell, alla sorella brillante e anticonformista Elizabeth (Maggie Gyllenhaal, realmente sorella di Jake), e, ancora, i giovani professori di lettere e scienze - vitali e stimolanti in un contesto sempre più obnubilante e conformista - interpretati da Drew Barrymore (qui anche produttrice) e Noah Wyle, il life coach (con qualche piccolo scheletro nell'armadio) Patrick Swayze, la giovane fidanzata di Donnie, Gretchen («alcune persone hanno la tragedia nel sangue»), gli immancabili amici di contorno, e lui, l’icona grafica del film, il coniglio Frank (citazione orrorifica dell'Harvey di Mary Chase) al cui interno si cela l’unico volto che un apocalisse Avant-Pop può avere: quello di James Duval, musa di Gregg Araki e protagonista della Teenage Apocalypse Trilogy.
Richard Kelly sa che la superficie della realtà è già saturata, l’unità del mondo è irrimediabilmente persa, e che l’unica rappresentazione possibile è una iperrealtà pluridimensionale e «insicura», in cui non solo la narrazione degli eventi si espande e materializza nel multiverso ma è anche la rappresentazione a essere pluridimensionale e mediagenica. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla sequenza che introduce lo spettatore alla vita scolastica di Donnie: essa è girata come in un video musicale sulle note di Head over heels dei Tears for fears, il cui video è ambientato in una biblioteca, con inquadrature che sembrano richiamare quest’ultimo continuamente.
L’universo di Donnie Darko è intriso di implicazioni apocalittiche, teorie scientifiche avveniristiche e riferimenti millenaristici, ciò lo rende pronto a una quantità di letture diverse, tanti quanti sono i livelli interpretativi che si vogliono scegliere. È forse questo il primo motivo per cui il film d’esordio di Richard Kelly è divenuto e continua a essere un cult assoluto. 

Infine ricordiamo che Donnie aveva una sorella: Samantha, ma questa come sapete è un’altra storia.


2 commenti:

  1. cultissimo assoluto!
    non so quale sia il percorso creativo di richard kelly, penso sia stato colto da un colpo di genialità acuta :)

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    1. Marco, voto anch'io per il colpo di genialità acuta!

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