Dopo l'uscita di Giallo ci eravamo davvero rassegnati a dire addio a Dario Argento. Restava l’affetto
spropositato nei suoi confronti, nei confronti della sua Opera (che nel mio
caso raggiunge la vera e propria venerazione) e della sua creatura in carne,
ossa e tegumento: Asia Argento. Dopo le prime notizie sul progetto Dracula mi
sono chiesto il perché Dario Argento abbia voluto confrontarsi con un
immaginario oggi estremamente saturo e inflazionato come quello delle zannute
creature della notte. Perché farlo con precedenti - attenendoci alla sola contemporaneità - dalle dimensioni artistiche di un Moloch come quello di
Francis Ford Coppola? La catastrofe sembrava annunciata: la pellicola nonostante
sia ben girata risulta telefonatissima, non ha alcun guizzo tensivo figuriamoci
se orrorifico. Mi è bastato andare a vederlo per capire che, nonostante ciò, Dracula 3D è un vero capolavoro. Lo è
perché è un’opera camp come non se ne vedevano da un pezzo. Se osservato dalla
giusta prospettiva – che potremmo battezzare come il senso di Dario per il kitsch – Dracula di Dario Argento è una visione imperdibile e
spassosissima. C’è di più, la scelta del camp applicata a un genere ormai mainstream,
normalizzato, persino conservatore, come quello dei vampiri (si pensi alla saga
di Twilight dove questi poveri
disgraziati da sempre simbolo di pansessualità e ludibrio praticano la castità,
non desiderano altro che il matrimonio e mettono alla luce paffute creature da
reclame) diventa una scelta programmatica. Il camp è, com'è sempre stato dai
tempi in cui Sontag lo teorizzò, la via d’uscita, il salvacondotto per una
visione moderna e libera.
Asia Argento: espressione cult. |
Godiamoci quindi l’incarnato
porcellanato del cadavere di Lucy contornata da rose rosse ipersature, gli
sguardi deliranti di Tania, le metamorfosi animalesche del Conte, il sogno
rayografato di Mina (la splendida Marta Gastini), l’uso accurato della
tecnologia 3D e dell’audio (che regala più di un sobbalzo), il gore brillante e sanguinolento che ha
fatto storia (qui accuratamente manierato), in un film che, statene certi, torneremo
a rivedere come un cult.
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