Interessante pensare che La
morte a Venezia - universalmente riconosciuto come il punto più alto della
già eccezionale produzione narrativa di Thomas Mann - sia un romanzo breve di
poco più di novanta pagine. La morte a Venezia è un doppio viaggio ricco
di suggestioni: in una Venezia miasmatica e decadente e nella psiche turbata del
protagonista Gustav Aschenbach, scrittore perfezionista e amante del bello
(secondo l’accezione più classica) che a seguito di una visione satura e
vibrante decide di partire lasciando l’opprimente routine quotidiana alla
ricerca di un incontro con la Natura. Giunto in seconda tappa a Venezia
Aschenbach subisce via via in maniera più totalizzante e pericolosa il fascino
del giovane Tadzio, incarnazione di tutti i canoni artistici venerati e
celebrati dallo scrittore che in un delirio sempre più doloroso
arriverà a umiliarsi e a disfarsi (fisicamente ma soprattutto moralmente e
psicologicamente) per inseguire (salvo poi mordere continuamente il freno) il
suo oggetto del desiderio.
Uno stile unico quello di Thomas
Mann, in grado di coniugare idee e rappresentare in maniera vivida la psiche del suo protagonista con tutte le sue (dolorose) motivazioni.
Un altro classico immancabile nelle nostre librerie, da mettere rigorosamente
fra Doppio Sogno di Schnitzler e Diario di un killer sentimentale
di Luis Sepúlveda.
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