Un deserto rosso,
ipersaturo. Due figure, un uomo e una
donna, seppur inguainate in due scafandri spaziali si sfiorano con amore, fino
a che lui cade per una frana e la protezione del suo casco si rompe. L’uomo
boccheggia, la telecamera chiude sul volto a mostrare i grotteschi effetti
della contropressione sui suoi lineamenti, gli occhi iniettati di sangue e la
lingua, gonfiano, sembrano scoppiare… Con questo frammento proto-onirico, di
matrice fumettistica, il regista olandese Paul Verhoeven apre uno dei suoi film più amati e longevi, Atto di forza (Total Recall), nel quale si coniuga la
matrice fantascientifica con la violenza iperrealista, le tavole più evocative
del fumetto (nel quale lo stesso Verhoeven si era cimentato da ragazzo) con
l’organico, il sangue e la cornucopia di corpi mutilati, dilaniati e degradati.
Verhoeven realizza l’ultimo
grande film con effetti speciali di natura analogica (siamo all’alba del compositing digitale che porterà a esiti
meravigliosi come a molte produzioni sciatte, vedi il remake action di questo
film, in sala ora), mettendo alla prova la capacità inventiva sia del regista
di Robocop sia del suo grande
supervisore degli effetti visivi Eric Brevig. Il risultato è la creazione di un universo ormai riconoscibile come
modello. Tutti sappiamo che il film è ispirato al racconto di Philip K. Dick Memoria totale (We Can Remember It For
You Wholesale) ma da esso muove, secondo le ossessioni visive e ideologiche di
Verhoeven, verso una storia di ambiguità politica che sembra aver trovato
materializzazione reale nella carica di governatore della California
dell’attore protagonista, Arnold Schwarzenegger. In Atto di forza
questi è Douglas Quaid (uno dei
migliori ruoli interpretati dall’attore di Terminator),
operaio edile ossessionato dagli eventi di ribellione che si stanno verificando
su Marte. Qui, il dittatoriale Vilos
Cohaagen costringe la colonia marziana a lavorare in miniera
nell’estrazione del turbinium (un prezioso carburante energetico). Quaid è un
uomo semplice, possiede una bella casa ed è sposato da otto anni con Lori (una
Sharon Stone pre-Basic Instinct), non
avendo il denaro necessario per raggiungere Marte si rivolge alla Rekall,
un’azienda che promette l’innesto di ricordi a prezzi modici. Quaid compra
l’esperienza di una spia sul pianeta rosso ma qualcosa in laboratorio sembra
andare storto. Quaid ha già vissuto un ricondizionamento mentale o forse è solo
lo start del gioco…
Venusville: Mary mostra la mercanzia. |
All’interno di quell’ambiguità di
natura escheriana, che sarà poi di eXistenZ
e di Inception, Verhoeven costruisce
la sua storia come un percorso di agnizione dentro una casa degli specchi. Giunti
su Marte insieme a Quaid, non riusciamo mai a essere certi se egli è davvero la
proletaria guida venuta dalla terra per mettersi a capo della resistenza o le
sue sono solo le avventure programmate dalla Rekall. In una splendida sequenza
Quaid incontra un dottore dell’azienda (una sorta di assicurazione sul gioco di
ruolo) che lo invita a ingoiare una pillolina rossa (già, come quella ingollata
da Neo in Matrix… tutto ha un’origine
ragazzi!) per ritornare nel mondo reale. Quaid punta un’arma da fuoco alla
tempia del dottore, cui scivola una goccia di sudore per la tensione sulla
tempia, Quaid (o il suo personaggio) la interpreta come un segnale di menzogna e
lo uccide all’istante. Come interpretare poi il finale perfetto, luminoso, «sotto
i cieli blu di Marte» se non come un ulteriore segnale dell’ambiguità cui è
sottoposta la percezione dello spettatore per tutto il film? La rivoluzione
proletaria si è davvero compiuta o è stato tutto frutto del programma elaborato
dalla Rekall? La dissolvenza in bianco (piuttosto che nel classico nero) scelta
da Verhoeven sembra dirci qualcosa.
Verhoeven e Schwarzenegger: sodalizio felice. |
Il regista olandese in Atto di forza è stato accusato di usare
la violenza in modo gratuito e sovraesposto (74 morti in 109 minuti di
pellicola), dalle ferite sgorga il sangue, le crivellature d’arma da fuoco
dilaniano la carne e i corpi (come quello usato da Quaid come scudo durante una
sparatoria, in una delle sequenze più criticate), le sollecitazioni meccaniche
(leggi mazzate da orbi) provocano dolore e sfigurano i connotati. Verhoeven che
da bambino ha vissuto l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi (1940-1945)
dichiarò di ricordare benissimo le esecuzioni sommarie operate dai nazisti, i
cadaveri che disseminavano le strade, i colpi dei fucili e i bombardamenti
aerei. Per il regista di Starship
Troopers rappresentare la violenza e i suoi esiti sul corpo umano è una
scelta imprescindibile, niente a che vedere con la classica rappresentazione cinematografica
dove la violenza è sublimata (per esempio nella saga di Guerre Stellari).
Interessante infine la
costruzione della città di Venusville,
elaborata sul modello del quartiere a luci rosse di Amsterdam. Venusville è
luogo centrale per la rivolta, in cui si raccolgono le vittime mutanti
dell’operato di Cohaagen - richiamo alle politiche di privatizzazione di beni
comuni come l’acqua (qui su Marte l’aria) elaborata da Reagan e Bush – e gli
operai delle miniere, insieme alle prostitute (come le leggendarie Pollicina e Mary, la donna con tre
seni) per combattere sotto l’egida del misterioso Kuato.
Visione imprescindibile quella di
Atto di forza, totalmente da preferire (magari nelle nuove edizioni rimasterizzate
in DVD e blu-ray) al roboante remake del papà di Underworld, nei cinema in questi giorni.
Eccomi qua. Certo gli effetti speciali non sono quelli in CGI ma sono comunque validissimi con delle trovate che visivamente sono molto affascinanti: il body scanner, il tempio energetico su Marte e la stessa scena della sparatoria sulle scale mobili.
RispondiEliminaA livello di trama non è perfetto, ma con delle scene che si scolpiscono nella memoria.
Ciao