Eraserhead. La mente che cancella, primo lungometraggio del maestro David Lynch contiene già tutti gli stilemi e le prerogative della sua visione cinematografica. La pellicola è del 1977 e il protagonista Henry Spencer sembra una personale visione lynchiana dell’estetica punk: completo nero, capigliatura che sfida la gravità, pantalone alla caviglia. Lynch ne fa un’icona a metà fra l’espressionismo de Il gabinetto del Dottor Caligari e il surrealismo più violento e visionario di Buñuel. David Lynch opera precise scelte stilistiche, occupandosi quasi di tutti gli aspetti tecnici. Lascia però la fotografia a Frederick Elmes (insieme a Herbert Cardwell) che collaborerà con lui anche in futuro. Proprio il connubio fra la regia visionaria (costituita da un uso particolare dei tempi e delle inquadrature che da simmetriche si scompaginano per ricostruirsi come in un’opera cubista) e la fotografia assai formale costituita da tagli netti e un uso del bianco accecante rispetto al nero, soffuso, cinereo e sporco. Irriverente già dalla forma Eraserhead mette in scena una vera cosmogonia dell’orrore basata sulla sensazione - sulla suggestione mai del tutto metafisica - continuamente giocata nell'incontro fra l’organico e il meccanico, quasi a cercare una comunione di intenti con il body horror di David Cronenberg. La messa in scena “scellerata” dell’incontro fra Henry Spencer e la sua diafana e fanciullesca fidanzata Mary materializzerà gli orrori della mente dei due compagni nell'orribile parto di un deforme neonato dalla testa di girino (ma che somiglia in maniera grottesca al cranio di un agnellino su un banco di macelleria). L’evasione dall'angosciante routine quotidiana è qui costituita dalla dimensione onirica e bizzarra in cui vive la deforme e “angelica” donna nel radiatore. Un palcoscenico in cui mettere in scena paure e desideri (dalla riproduzione sessuale con la pioggia di girini, all'attrazione tradita dal volto orribile della donna).
La pellicola è ricca di citazioni: dalla femme fatale vicina di casa, al “monello” che ricorda quello di Chaplin, qui grottescamente ripreso mentre porta il cranio reciso di Henry in una bizzarra fabbrica di matite che ricaverà gomme da cancellare dal suo cervello.
Essenziale, liberatorio e imprescindibile non solo per gli amanti di David Lynch, Eraserhead è la chiave di volta utile a prendere coscienza di quali siano le incredibili potenzialità sperimentali dell’arte cinematografica.
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