Con Cry Baby John Waters si era rifugiato a Baltimore per esorcizzare la scomparsa di Divine. A
quattro anni di distanza è ancora lì per realizzare la sua nuova pellicola: La signora ammazzatutti. Grottesca, spassosissima e profetica critica
all’imperante minimalismo morale della classe borghese. Attitudine fatta di
protezionismo dell'interesse privato, ossessione per una
perfezione realizzabile solo fra le mura di casa e smodata ambizione nei
confronti dell’arena mediatica e televisiva. Come sappiamo la poetica
di Waters vuole molto di più di una semplice critica sociale ed ecco che arriva
il ribaltamento, la messa in scena, l’ironia e la consueta pioggia di
citazioni: sotto l’aspetto di una famiglia pop al limite della réclame
(non a caso Roger Ebert nella sua recensione al film cita Le avventure di Ozzie e Harriet,
biondissimi e perfetti interpreti del sogno americano) si nasconde un insano e
folle segreto. Beverly Sutphin (Katlheen Turner) che vive a Baltimore in un
microcosmo dai colori pastello insieme al marito dentista e ai due figli Misty (Ricki Lake) e Chip non è la casalinga e vicina che tutti credono, è in realtà una lucida e
feroce serial killer.
una famiglia pop al limite della réclame |
La nostra irreprensibile housewife
(secondo voi chi ha ispirato a Marc Cherry il personaggio di Bree VanDerKamp?)
da tempo appassionata alle vicende dei killer seriali (che approfondisce
grazie a carteggi intrecciati con gli
interessati) cerca di riproporne l’operato per cancellare tutto ciò che incrina
la perfezione del suo minimalismo morale: tormenta di telefonate la vicina
divorziata Dottie Hinkle (Mink Stole) perché le ha rubato il posto al
parcheggio del supermercato, uccide il professore che critica la passione per i
film horror di Chip, catapulta il ragazzo che tradisce Misty in una citazione
di Blood Feast, e così via fino al processo mediatico da cui, siamo
certi, Beverly verrà riconosciuta quale
l'immensa star che è (come accadrà ai suoi "coetanei" Mickey e
Mallory di Natural born killers). Waters squarcia - con le
forbici rubate dalla cassetta del cucito di Beverly - il velo di superficialità
che ammanta la rappresentazione della vita suburbana, sbandierato simbolo di
sicurezza per mostrarne con ironia per nulla didattica le grottesche forme di vita
che la abitano: dalla cena disgustosa dei genitori di Scotty, alla mania della
signora Jensen di farsi leccare i piedi dal cane mentre guarda Annie in
TV.
Non a caso per tutta la pellicola il
televisore è sempre acceso e scandisce i ritmi della vita quotidiana
dei protagonisti in tutte le sue forme: dal talk show a La routa della
fortuna passando per l’home video (cult la scena in cui Scotty si masturba
guardando La chiamavano Susy Tettalunga). Sarà inoltre la televisione a
salvare Beverly dalla sedia elettrica arrivando a edulcorare la condanna e
consegnandola alle masse come novella icona mediatica degna del migliore merchandising.
In definitiva una
pellicola profetica e imperdibile, una black comedy sempreverde e ricca
di suggestioni ancora attuali.
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