martedì 31 gennaio 2012

Scanners di David Cronenberg (1981)


Certamente Scanners è il film più iconico e riconoscibile di tutta la filmografia di David Cronenberg. In esso le istanze del cinema del regista canadese trovano un’equa e felice espressione. I già elaborati temi della mutazione, il tentativo di rappresentazione visiva dell’attività neuronale, l’incombenza della tecnologia (nella sua accezione più ampia e anti-naturale) sull’uomo sono declinati in Scanners in maniera chiara, immediata, attraverso soluzioni registiche e autoriali di grande valore.
La vicenda racconta dello scontro motivazionale e poi fisico di due fratelli: Cameron Vale e Darryl Revok, entrambi “scanner” ovvero individui il cui sistema nervoso è in grado di annullare lo spazio fra i corpi, riuscendo così a controllare, violare l’individualità altrui. Quella che propone Cronenberg è una vera e propria “fisiologia della telepatia”. Egli pone le fondamenta di un evento sovrannaturale quale la telepatia su una base biologica, organica. Quando gli scanner entrano in contatto con il sistema nervoso altrui (foss’anche quello di un altro scanner) avvengono nel corpo dell’ospite degli sconvolgimenti fisiologici: emorragie, dolori, crampi allo stomaco, nausee, svenimenti. Cronenberg attraverso le visioni differenti (lo saranno poi davvero?) di Cameron e Darryl sembra voler raccontare la patogenesi di individui le cui capacità, la cui “patologia” è mediata dall’assunzione endovena di un farmaco (ormai di culto): l’Ephemerol, dagli effetti calmanti. Il dottor Ruth, che sembra proprio un medico dedito alla PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia), altro non è che la riedizione mainstream di figure raccontate già dai precedenti film di Cronenberg: il dermatologo Antoine Rouge di Crimes of the future, il prof. Hobbes esperto in dermosifilopatia de Il demone sotto la pelle, il chirurgo plastico Keloid di Rabid sete di sangue. Come Ruth, le figure citate sono tutti figliastri degeneri del già degenerato dottor Frankenstein. Individui che seppur consci del limite raggiunto dalla scienza al servizio dell’uomo (limite che Cronenberg ci tiene a manipolare, riscrivere e ricollocare in futuri distòpici e claustrofobici) non esitano nel tentativo di superarlo. Come certe scellerate figure di scienza raccontate da Lovecraft essi desiderano che la visione univoca che li permea si realizzi nonostante essa porti alla creazione di creature mostruose e aberrazioni in grado di provocare morte e distruzione su scala ecumenica.

Scanners è pellicola amatissima sia dagli appassionati duri&puri di fantascienza sia dai cinefili più raffinati. I primi si entusiasmano per l’idea di una comunicazione diretta fra uomo e macchina, per la possibilità di controllare istinti, e impulsi vegetativi (come il battito del cuore del maestro di Yoga che Cameron si allena ad accelerare) attraverso una molecola sintetica (nonché per la citatissima sequenza dell’esplosione del cranio), i secondi trovano eleganti e sontuose le soluzioni di Cronenberg nella rappresentazione artistica della condizione telepatica. Come non pensare alle opere e allo studio dello scanner Pierce che sublima le manifestazioni violente della sua mente attraverso opere che citano direttamente i percorsi artistici di Francis Bacon, Giacometti e Munch. Esattamente come farà decenni dopo la Vera de La pelle che abito di Pedro Almodóvar con le opere di Louise Bourgeois, Pierce conduce i traumi e la percezione dolorosa della propria condizione al di fuori di sé, realizzando con essi un ambiente scenico da abitare.
Con Scanners Cronenberg muove ancora una volta dalle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, quest’ultimo citato esplicitamente nella possibilità di intervenire sul reale (o su un altro individuo come nell’epico e straniante finale) attraverso la propria mente, questione che come sappiamo (anche grazie a A Dangerous Method) mise irrimediabilmente in crisi il rapporto fra i due numi della psicoanalisi. Proprio come accade in Scanners a due certi fratelli telepati.


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