Multiple Maniacs porta avanti la visione underground
e proto-punk di Mondo Trasho
aumentando i confini della visione watersiana, arricchendola di nuove
ossessioni formali, visive e contenutistiche. Qui John Waters si oppone ancora
alla visione borghese da cui egli stesso proviene. Abbiamo visto come il
bigottismo e l’ipocrisia del ceto medio siano stati bene immortalati nel
magistrale finale di Mondo Trasho,
con le pettegole additanti la “diversa” (indi mostruosa) Mary Vivian Pearce.
In
Multiple Maniacs JW - ancora una
volta insieme alla banda dei Dreamland – opera attraverso un approccio maggiormente
onirico e dadaista (basti citare la scena in cui Divine è violentata da un’aragosta gigante) in cui tutte le paure della middle class vengono spettacolarizzate,
materializzate attraverso la camera come enormi oggetti pop (secondo la lezione
warholiana). La paura dell’ignoto proveniente dalla Guerra Fredda, l’orrore per
la diversità (esibita qui come in un freak show), la spettacolarizzazione della
violenza (una delle ossessioni principali di Waters è il processo alla Famiglia
Manson), in un finale che sembra citare allo stesso tempo Godzilla e Guy
Debord.
John
Waters con fare dadaista estrae, come da un infinito sacchetto di velluto,
materiali culturali (cinema Sci-Fi, pittura, letteratura) da accostare sulla
pellicola: Divine lattea e morbida come La
bagnante di Ingres, H.G. Lewis il cui Two
Thousand Maniacs! è citato fin dal titolo, il neorealismo italiano (filtrato
dall’occhio di Russ Meyer) e ancora Genet e Pasolini. Quest’ultimo merita
particolare attenzione perché come sappiamo, è uno dei numi tutelari di John Waters. La terribile sequenza del Rosary Job compiuto da Mink Stole a
Divine fra i banchi di una chiesa è montata con le immagini della passione di
Cristo narrata dalla voce estatica della stessa Divine, è questa la versione “altra”
di Waters de Il Vangelo secondo Matteo
pasoliniano.
Come
per Mondo Trasho anche il finale di Multiple Maniacs sembra proiettarsi verso
la prossima pellicola, quel Pink Flamingos che rimarrà nella storia del cinema ponendosi come punto di non ritorno di
un universo che non è solo underground ma che in realtà riguarda la cultura
(cinematografica e quindi storica e politica) tutta.
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