Dopo
aver indagato la possibilità di commistione fra carne e tecnologia, di fusione
fra individui e categorie fisiche David Cronenberg sceglie di lavorare al soggetto di un film tratto dal libro Twins di Bari Wood e Jack Geasland. Il
romanzo si presta benissimo allo sviluppo di alcuni temi interessanti per
Cronenberg, tra cui il rapporto tra narcisismo e schizofrenia e il «motivo
della scelta degli scrigni», entrambi indagati dal padre della psicoanalisi Sigmund Freud. Inseparabili (titolo inglese Dead
ringers) fornisce a Cronenberg la possibilità di confrontarsi con
avanguardistiche tecniche fotografiche come il motion control e lo split screen dissimulato, queste permettono allo stesso attore di interpretare
due ruoli diversi nella stessa scena. I protagonisti del film sono due gemelli (dead ringers, uguali sputati) ma
Cronenberg vuole annullare il più possibile la separazione fra i due soggetti
scegliendo di farli interpretare dallo stesso attore, Jeremy Irons che in Inseparabili
ottiene una delle performance migliori di tutta la sua carriera. L’idea
centrale della pellicola è quella di un unico corpo (con-diviso dai due
fratelli) amante di se stesso. I gemelli
Mantle, ginecologi di grande successo, vivono in perfetta simbiosi, si
completano nel lavoro – Beverly è votato alla tecnologia e alla ricerca mentre
Elliot è più mondano, socievole e comunicativo – vivono insieme e hanno
costruito un rapporto in cui le esperienze di entrambi sono condivise
attraverso un uso totalizzante del dialogo (a un certo punto Elliot dirà a
Beverly «non hai mai scopato con Claire Niveau se non ne parli con me!»).
giovedì 29 marzo 2012
martedì 27 marzo 2012
Per una lettura situazionista di Arancia Meccanica
La
partecipazione alla puntata di Superga Cinema On Air dedicata a Stanley Kubrick e al suo capolavoro
esemplare Arancia meccanica mi ha spinto a riflettere sulla natura
Avant-Pop della pellicola ispirata all’omonimo romanzo di Anthony Burgess del
1962. Sono arrivato alla conclusione che Arancia
meccanica può essere definita una pellicola Avant-Pop nella misura in cui essa
è una pellicola situazionista. Il Manifesto di Mark Amerika cita Lettrismo e Situazionismo
come movimenti fondanti, alla base dell’estetica Avant-Pop, «la nostra missione comune è quella di alterare
radicalmente il fulcro della Cultura Pop attraverso un genere più popolare di
gestualità dark, sexy e sottilmente ironica che nascerà dal lavoro di movimenti
artistici come Fluxus, Situazionismo, Lettrismo, Neo Voodoismo.». Analizzando Arancia Meccanica nelle sue
caratteristiche proprie e paracinematografiche credo sia possibile proporre una
lettura situazionista della pellicola.
Innanzitutto l’anno di uscita di Arancia Meccanica è il 1971, a solo un anno dallo scioglimento del
movimento situazionista, un movimento che aveva dato alla scena artistica,
sociale e politica una nuova chiave interpretativa, una prospettiva che sembra
essere stata metabolizzata e utilizzata da Kubrick per il suo film.
lunedì 26 marzo 2012
Crossover: quando X-Files diede un finale a Millennium
A pochi mesi dalla sua cancellazione il creatore e produttore Chris Carter ha tentato di offrire un
finale accettabile a Millennium.
Carter sceglie di farlo all’interno di un’altra sua serie di successo: X-Files. L’episodio crossover è il quarto della settima stagione e s’intitola proprio Millennium.
Qui gli agenti Fox Mulder e Dana Scully indagando su alcuni casi di presunta negromanzia
s’imbattono nel gruppo Millennium. Mancando materiale in merito (le attività
del gruppo sono da sempre nascoste o edulcorate) i due contattano l'ex membro Frank Black.
Questi, dopo un’iniziale riluttanza, aiuterà i due agenti dell’FBI a risolvere
il caso.
Trovo molto interessante (e assai sfizioso) che il crossover tratti il
materiale riguardante il gruppo Millennium come un vero e proprio «x-file».
Da Mulder e Scully veniamo a sapere che il gruppo si è sciolto e che tutte le sue attività di consulenza per le forze dell’ordine sono state sospese. Secondo le
informazioni recuperate da Scully a fermare le attività del gruppo Millennium è
stato un “cavaliere solitario”, Frank Black appunto, che ha lasciato il gruppo dopo la
morte della moglie Catherine causata da un virus manipolato dal gruppo stesso. Oggi
Frank combatte per l’affidamento della figlia Jordan (che qui rivediamo nel
consolatorio finale) e si è ricoverato in un istituto di sanità mentale, ma non
può esimersi dall’aiutare Mulder e Scully nello svolgimento del loro caso.
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venerdì 23 marzo 2012
MDNA di Madonna (2012)
di Lorenzo Peroni
La sindrome dell'allenatore della nazionale, come quella del
capitano di bordo: gli italiani le hanno da tempo. Twitter poi ha portato
queste patologie a livelli sempre più alti. Non che si voglia appoggiare
l'opinione di Serra in merito, ma fa un po' sorridere come in questi giorni, a
seguito dell'uscita del nuovo album di Madonna
(MDNA),
tutti si sentano posseduti dallo spirito della Venegoni. Il che, va detto,
accadeva anche prima sui forum, di questo e quel cantante, a ogni nuova uscita.
Oggi i forum però sono un po' morti, ma ci sono pur sempre i blogger. Anche
quelli un po' moribondi (mai abbastanza), ma un paio (purtroppo) resistono e
ovviamente non possono esimersi dal farci sapere le loro preziose e istantanee
opinioni: normalmente dei pantani di cazzate. Insomma, per dire che in questi
giorni Twitter e l'internet che ancora ha voce sembrano davvero infestati dallo
spirito della Maionchi ed è un continuo «MDNA
sì» e «MDNA no»: un'agonia. Pare che
sia più un «MDNA sì» in verità, anche
se pur sempre con qualche ma. MDNA
sì, ma quella canzone dura troppo, e quella canzone non l'avrei messa, e
quell'altra l'avrei messa dopo, però fantastica quell'altra, un vero colpo di
genio quella lì, etc.
giovedì 22 marzo 2012
Millennium. La terza stagione: una scomparsa prematura
La terza stagione di Millennium (1998-1999) è stata un’operazione complessa non supportata dalla
produzione e dal network Fox, che visto il drastico calo di ascolti (immane se
si pensa al successo della prima stagione) ha deciso di cancellare
prematuramente lo show, impedendogli così di avere un finale che si possa per
lo meno definire accettabile. Sarà Chris Carter, produttore e ideatore della
serie, a cercare una chiusura degli eventi attraverso la puntata crossover di X-Files intitolata proprio Millennium (7.04).
In quest’ultima stagione scopriamo che Frank Black,
ancora provato per la scomparsa della moglie Catherine, è tornato a lavorare
per l’FBI con l’intento di smascherare le reali e malevole intenzioni del
gruppo Millennium. Al suo fianco una nuova figura femminile (dopo Catherine e
Lara Means): Emma Hollis (Klea Scott) intuitiva, coraggiosa e giovane agente dell’FBI con
un terribile trauma alle spalle. Emma, prima al fianco di Frank e poi in prima
persona, inizierà a comprendere la portata delle terribili azioni del gruppo
Millennium, un’organizzazione che va sempre più delineandosi come una setta
millenarista sul modello di Aum Shinrikyo.
Una rete di individui impegnati su più fronti: scientifico (con
sperimentazioni all’avanguardia), sociale, politico, antropologico e culturale,
con lo scopo di provocare (e quindi controllare) un’Apocalisse che abbia i
connotati descritti dai testi sacri dell’ebraismo, della cristianità e del
buddismo. Il gruppo Millennium interpreta a suo modo le scritture ed esercita
un controllo che pare assoluto e tentacolare, impossibile da rimuovere.
La vera forza di questa stagione è però la continua
interpretazione degli eventi cui è chiamato lo spettatore. Come nel cinema di
David Cronenberg l’affidabilità e l’attendibilità della visione sono messe
continuamente in discussione, aumentando lo stato d’animo di terrore e
straniamento. Dobbiamo credere alle visioni mefistofeliche di Frank? Ce ne sono
state molte durante la seconda stagione e non mancheranno nemmeno questa volta.
Tornerà Lucy Butler (con un progetto di demoniaca maternità), all’interno del
gruppo troveremo il ferino Mabius e ci sarà pure posto per una strana famiglia
amante delle fiamme e delle possessioni. Insomma, come di Johnny, il
protagonista de La zona morta, anche
di Frank Black non possiamo esser certi. Se il gruppo Millennium è una setta
che costruisce situazioni ad hoc per condizionare le scelte di individui di cui
ritiene di avere bisogno, cosa dobbiamo pensare delle visioni di Frank? Degli
inviti che gli pervengono continuamente dalla Legione di Lucifero? Il finale
all’interno di X-Files sembra dar
ragione alla natura sovrannaturale degli eventi, ma non sarà mai possibile
esserne totalmente certi.
martedì 20 marzo 2012
La mosca di David Cronenberg (1986)
David Cronenberg – dopo la parentesi kinghiana de La zona morta – torna a lavorare sulla
poetica della «nuova carne» con La mosca. A questo punto il regista canadese ha definito il suo immaginario,
allo stesso tempo dark e sexy, organico e mutante. La sua si conferma
un’articolata riflessione sulla visione, su ciò che è possibile o meno
percepire con l’occhio. Egli commistiona, attraverso tecniche
biologico-cinematografiche, la sua riflessione sulla percezione visiva con i
meccanismi d’intenzionalità e decisione, d’influenza e possibilità di scelta da
parte dell’individuo e dell’umanità.
Cronenberg sceglie qui di lavorare al remake di un film
di fantascienza del 1958 The Fly
(conosciuto in Italia con il titolo L’esperimento del dottor K.) interpretato da Vincent Price. In realtà il remake è solo un
pretesto per scarnificare la storia e riadattarla alle esigenze della sua
poetica. I modelli sono qui riconoscibili: Frankenstein, o il moderno Prometeo
di Mary Shelley, Edgar Allan Poe ma soprattutto l’H.P. Lovecraft dei racconti.
Seth Brundle (interpretato da Jeff Goldblum) è uno scienziato dedito al suo
lavoro, solitario, spinto dal desiderio di superare i limiti non solo
dell’umano (come gli scienziati di Lovecraft, ossessionati dalla morte e dalle forme
di oltre-vita) ma del reale tutto. Brundle vuole che la sua visione diventi
modello di evoluzione per la società (iconica l'immagine di Brundle con in braccio un babbuino). Durante la sua mutazione (quando si
ritrova a possedere forza e resistenza fuori dal comune) non rinuncerà a
travisare le istanze positive della sua invenzione dichiarando di voler
realizzare individui in grado di superare la finitezza umana.
Per Cronenberg mutazione vuol dire fusione.
Lo abbiamo visto soprattutto nel finale apocalittico di Scanners, dove viene
generato un nuovo individuo-sintesi dai due fratelli telepati, ma anche ne Il demone sotto la pelle e Rabid. Sete di sangue dove la mutazione era
provocata dall’ingresso di un organismo estraneo nel corpo umano. Il concetto è ancora una volta centrale anche ne La mosca.
lunedì 19 marzo 2012
La zona morta di David Cronenberg (1983)
Che cosa spinse David Cronenberg ad accettare la proposta della produttrice Debra
Hill nel 1983? Il regista canadese veniva dal successo iconico di una pellicola
politica e profondamente cronenberghiana come Videodrome e la sceneggiatura che la Hill gli propose non solo era
stata scritta da altri (Jeffrey Boam) ma era anche basata su uno dei romanzi
più interessanti di Stephen King, La zona morta. La storia è poi ambientata nella provincia americana invece
tutte le opere sin qui realizzate dal regista canadese propongono un’ambientazione
metropolitana, postmoderna, tentacolare. Insomma quale illuminazione avrà
convinto Cronenberg a lavorare al progetto? Dalle interviste, dalle brevi
dichiarazioni in merito e soprattutto dalla visione della pellicola, è facile
comprendere come Cronenberg sia stato soprattutto attratto dalla matrice
politica della storia, dalla riflessione sui cambiamenti nei meccanismi di
conquista del consenso in politica e dalla possibilità da parte dell’uomo
comune di influenzare il destino sociale dell’umanità.
venerdì 16 marzo 2012
Lady Blue Shanghai di David Lynch (2010)
Il rapporto di David Lynch con i commercials, con la pubblicità, è sempre stato intenso, quasi un percorso parallelo all'Opera cinematografica istituzionale del maestro, ricorderete per esempio l’ultimo spot per la fragranza Gucci by Gucci sulle note di Heart of Glass dei Blondie, spot che qui in Italia ha avuto molto successo.
Lynch tornò alla pubblicità in gran spolvero grazie alla Maison Dior per la quale realizzò un meraviglioso cortometraggio ambientato in una Shanghai elettrica e romantica a metà fra le visioni di Murakami Haruki e il suo Velluto Blu. Il cortometraggio è stato realizzato in occasione della presentazione della collezione Resort di Dior a Shanghai nel 2010, collezione che - proprio per celebrare la collezione - vede tingersi di blu elettrico la borsa Lady Dior, vera e propria icona della Maison. Sarà proprio Lady Dior al centro della vicenda scritta e diretta da David Lynch con protagonista il premio Oscar Marion Cotillard. La Cotillard qui incarna una bellezza fragile e opalescente, alle prese con un ricordo mesmerizzato dal passato, un amore perduto e svanito sulla Pearl Tower – alla quale lo stesso Lynch ha dedicato la poesia che recita la Cotillard – tornato per donare bellezza attraverso Lady Dior, una borsa blu elettrico ritrovata nella camera d’albergo della protagonista.
Un piccolo capolavoro quello di Lynch che qui coniuga le sue istanze cinematografiche a un’attitudine prettamente commerciale raggiungendo una sintesi ricercata e immaginifica.
Il pasto nudo di David Cronenberg (1991)
martedì 13 marzo 2012
Lunar Park di Bret Easton Ellis (2005)
di Marco Visinoni
Lunar Park è un oggetto estraneo nel percorso letterario di Bret Easton Ellis. Come se la sua decappottabile insanguinata, spinta al culmine dei giri dall’apocalittico Glamorama, fosse andata a schiantarsi contro il disperato STOP urlato da Roger Waters in The Wall. Lo dice Bret stesso in apertura: Lunar Park è un ritorno. A uno stile più pulito (basta incipit interminabili per costringere il lettore nel vortice); alle origini minimaliste, quelle da cui sempre più violentemente l’autore si era distaccato con l’omicida-o-forse-no di American Psycho prima, con i fashion terroristi del suddetto Glamorama poi. Ritorno a parlare di me e lo faccio nel modo più veritiero possibile. Nomi e cognomi reali, ambienti reali. Situazioni riconoscibili. Ecco a voi il vero Bret.
Il primo capitolo è un romanzo nel romanzo: Ellis ripercorre la sua scintillante carriera, dal successo inatteso di Meno di zero alla tournée autodistruttiva per promuovere Glamorama, quando un addetto alla sicurezza era incaricato di irrompere in ogni bagno nel quale lo scrittore – schiavo della droga e a rischio costante di suicidio - si intrattenesse per più di cinque minuti. Superato (quasi indenne) il passato, c’è un presente nel quale Ellis vive con una donna e due figli, uno dei quali avuto da lei anni prima e anni prima rifiutato vigliaccamente. Un Ellis che prova a tirare dritto tra corsi di scrittura creativa, tentativi di stabilità e distacco dalle droghe. Prova, perché niente funziona… e come potrebbe la staticità borghese sposarsi all'eterno bad boy della letteratura americana? Tutto precipita, più Ellis torna al passato più il passato torna da Ellis, con il fantasma del padre che lo tormenta, tra rapimenti-o-forse-no di bambini schiavi degli antidepressivi e mostri orripilanti che turbano la quiete di una provincia americana che quieta non è. Ma terrificante. Lynchana.
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lunedì 12 marzo 2012
Videodrome di David Cronenberg (1982)
Con Videodrome
David Cronenberg realizza la sua opera più completa, immaginifica e
pienamente iconica. L’operazione
compiuta è assai raffinata e ha reso la pellicola un feticcio cinematografico
amato e venerato da un vasto fandom (che non manca di rimproverare al “nuovo” Cronenberg di
aver abbandonato la poetica weird
della carne e della sua commistione con la tecnologia).
In Videodrome
Cronenberg muove dalle teorie di Marshall McLuhan - Il massmediologo e
sociologo canadese (come Cronenberg) che meglio di tutti ha messo a fuoco le
potenzialità dei media e della tecnologia a essi associata - in particolar modo
quelle riguardanti gli effetti della televisione e il rapporto tra
individualità, media e tecnologie. Cronenberg coniuga le riflessioni di McLuhan
(materializzato in parte nella figura del professor O’Blivion) con la sua
visione cinematografica basata sul rapporto di entrata-uscita, un cinema che
dai tempi di Stereo sappiamo essere
fatto di ingressi, porte, penetrazioni. Per il protagonista, il disincantato e
sempre più ossessionato Max Renn (James Woods), questo significherà farsi
strumento, mezzo (e quindi messaggio) e perdere la propria individualità e
corporeità.
venerdì 9 marzo 2012
Le 13 cose di Alessandro Turati (2012)
Esce per NEO. Edizoni un nuovo volume, un romanzo (almeno da
quello che recita la copertina) di un giovane autore Alessandro Turati. Il
volume ha come titolo Le 13 cose e durante
la lettura mi ha fatto letteralmente saltare sulla sedia. Da tempo mi interrogo
sull’eventualità (plausibile? Impossibile?) di un percorso, una linea di
sperimentazione legata all’Avant-Pop in Italia. Alessandro Turati, esordiente,
mi fa ben sperare.
Le 13 cose
è certamente un romanzo, ma derivatizzato, nato da un brodo post-requiem in cui
si sono diluiti la tradizione emozionale della narrativa giovanilistica, l’utilizzo armato e terroristico di scelte stilistiche e oggetti culturali e la
narrazione in prima persona della letteratura mainstream. Le 13 cose possiede un ritmo sincopato, uno stile paratattico
creato ad hoc per provocare nel lettore – attraverso vere e proprie «piroette verbali» - una sensazione di claustrofobia
che già dalle prime pagine avvertiamo deflagrante e piena di possibili,
infinite soluzioni. I personaggi sono contenitori/erogatori di immaginari
personali franti, interscambiabili, ricostruibili più volte per creare sempre nuove
narrazioni. Quest’operazione induce nell’autore e nel lettore la proposizione
dada di narrazioni altre, limitrofe, contenute nel flusso concitato di quella
maggiore, che di contro si allunga, si ampia e si espande, si gonfia e si
edulcora.
mercoledì 7 marzo 2012
Imperial Bedrooms di Bret Easton Ellis (2010)
Imperial Bedrooms – lo sappiamo tutti – è il seguito di Meno di Zero (1985) ma può essere letto in maniera più ampia come la chiusura ideale di tutta l’Opera di Bret Easton Ellis. Imperial Bedrooms – dopo Less than zero altra citazione da Elvis Costello – possiede tutte le caratteristiche e peculiarità dei romanzi precedenti di Bret Easton Ellis, in particolar modo degli ultimi: Lunar Park, American Psycho e Glamorama. Secondo il principio dell’intercambiabilità degli individui possiamo riconoscere in Clay gli stessi segni del tempo che troveremmo sul volto di Victor Ward e Patrick Bateman, nonché di Ellis stesso, non a caso citato da Clay nell’incipit metaletterario che racconta dell’uscita di Meno di zero («Su di noi avevano fatto un film. Il film era tratto da un libro scritto da una persona che conoscevamo.») e della sua terribile riduzione cinematografica con Robert Downey Jr.
I rituali di morte dei modelli-terroristi di Glamorama e le abominevoli sessioni di feticismo e sadismo organico di Patrick Bateman tornano qui per tormentare la lisa esistenza di Clay che all’inizio del romanzo ri-torna a Los Angeles da New York (ricorderete che in Meno di zero tornava invece da Camden) per ritrovare i corpi dei propri amici, amanti e conoscenti degradati dall'espressionismo chirurgico («Lì per lì non lo riconosco. Ha un volto artificialmente liscio, rifatto in modo tale da avere gli occhi strabuzzati in un’aria di perenne sorpresa; è solo la brutta copia di un volto, e pare straziato») o dolcemente stemperati nella placenta di una maturità borghese all'insegna del compromesso.
martedì 6 marzo 2012
Meno di zero di Bret Easton Ellis (1985)
L’intertestualità ha sempre avuto
una grande importanza nell’Opera narrativa di Bret Easton Ellis. Molti dei suoi
personaggi – secondo la logica dell'intercambiabilità degli individui – si
affacciano da una storia all’altra per mostrare nuove – a volte molto sottili –
caratteristiche della propria esistenza. Non sfugge a questa logica nemmeno
Clay il protagonista di Meno di zero - primo romanzo di Bret Easton
Ellis – che ritroveremo in Le regole dell’attrazione dove viene
descritto dai protagonisti Lauren, Paul e Sean come il «ragazzo di L.A.» sempre
in bermuda e occhiali da sole.
Glamorama di Bret Easton Ellis (1998)
Glamorama romanzo di culto di Bret Easton Ellis uscito nel 1998 e ambientato nella metà degli
anni Novanta è una mastodontica produzione (563 pagine), dalla lunga gestazione
che ha ormai assunto un valore storico-letterario di prim’ordine. Glamorama
ci presenta un vortice iper-saturo, al cui centro
troviamo il cover-boy Victor Ward, un modello dalla rampante carriera
mediatica troppo preso dal proprio self per accorgersi degli oscuri e
orribili eventi che si muovono dietro le quinte di cartapesta della sua
esistenza. Con sapiente approccio
surrealista Bret Easton Ellis mette in scena un lungo viaggio, una fuga-pretesto narrata in
prima persona cosicché la visione io-centrica di Victor restituisca al lettore
gli eventi come distorti, privi di connotati definiti in un'articolata visione Avant-Pop. Seguire Victor in Europa, tra
Londra e Parigi, città che topograficamente offrono luoghi di consumo che ne
sottolineano il legame culturale con gli U.S.A. (dai negozi GAP ai club, alle
abitazioni scelte dai personaggi), rappresenta un delirante percorso che stringerà il cappio intorno
al collo di Victor rendendolo vittima e complice di una folle organizzazione
criminale e terroristica messa su da un gruppo di top-model senza scrupoli.
American Psycho di Bret Easton Ellis (1991)
A distanza di un ventennio American Psycho – romanzo imprescindibile firmato da Bret Easton Ellis – si conferma
paradigma esemplare nella rappresentazione della contemporanea alienazione e
della relativa obnubilazione provocata dalle merci. Già nel 1991 il maestro del
minimalismo – ispirato da Babbit, romanzo degli anni Venti firmato da
Sinclair Lewis - mette in scena una
impressionante «vertigine della lista» attraverso un ritmo, uno sciorinare
perpetuo (e per questo rassicurante) di marchi, oggetti, designer, negozi,
palestre alla moda e ristoranti, tra cui spicca il Dorsia, meta superiore e
inaccessibile, paradiso artificiale
negato. Bret Easton Ellis aveva già rappresentato il
decennio degli anni Ottanta nei suoi precedenti lavori Acqua dal Sole e Meno di zero, con questo volume ritorna a lavoro per la rappresentazione della
costellazione culturale del nuovo decennio. Cambiano attitudini e istanze:
la diluizione dell’individuo nell'universo mercificato stavolta è la sacca
placentare che lo accoglie per accrescerne gli appetiti ferini più bassi e
sconcertanti.
Il protagonista Patrick Bateman è
un novello uomo del sottosuolo (come per l’eroe di Dostoevskij ogni sua
affermazione va presa come verità relativa e mai assoluta), ha tutto:
bellezza, denaro, successo, ma è soprattutto angosciato a causa di una realtà con cui crede di aver contratto un debito (forse
dovuto al padre che già incontrammo moribondo in Le regole dell'attrazione).
Pat-il-Grinch scivola sulla superficie come un idrocarburo a basso peso
molecolare sull’acqua, manifesta raramente la sua vera natura se non fra le
quattro mura di casa e le volte che essa sconfina all’aperto la visione
precipita rapidamente in un delirio mitomane che per il lettore significa il
passaggio improvviso alla terza persona singolare per tornare poi alla prima
persona o in alternativa interrompere bruscamente il paragrafo.
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