lunedì 19 marzo 2012

La zona morta di David Cronenberg (1983)


Che cosa spinse David Cronenberg ad accettare la proposta della produttrice Debra Hill nel 1983? Il regista canadese veniva dal successo iconico di una pellicola politica e profondamente cronenberghiana come Videodrome e la sceneggiatura che la Hill gli propose non solo era stata scritta da altri (Jeffrey Boam) ma era anche basata su uno dei romanzi più interessanti di Stephen King, La zona morta. La storia è poi ambientata nella provincia americana invece tutte le opere sin qui realizzate dal regista canadese propongono un’ambientazione metropolitana, postmoderna, tentacolare. Insomma quale illuminazione avrà convinto Cronenberg a lavorare al progetto? Dalle interviste, dalle brevi dichiarazioni in merito e soprattutto dalla visione della pellicola, è facile comprendere come Cronenberg sia stato soprattutto attratto dalla matrice politica della storia, dalla riflessione sui cambiamenti nei meccanismi di conquista del consenso in politica e dalla possibilità da parte dell’uomo comune di influenzare il destino sociale dell’umanità.


Cronenberg decide di epurare la storia dai molti riferimenti culturali limitrofi che con cura certosina Stephen King aveva inserito nella sua storia. Mantiene solo lo sguardo sulla campagna organizzata da Stillson per la sua corsa al Senato. In quest’operazione riconosciamo tutto il disappunto, il rifiuto e la critica orrorifica al reaganismo (la campagna di Stillson richiama direttamente quella del sessantaseiesimo presidente degli Stati Uniti) e il dichiarato e netto rifiuto nei confronti del nazismo e di ogni forma di totalitarismo.
Greg Stillson
Nel suo film Cronenberg fa risalire la genesi della doppia visione di Johnny Smith (un meraviglioso Christopher Walken) a un incidente stradale, ancora una volta l’innocenza e integrità umana (pochi minuti prima Johnny ha rifiutato l’invito sessuale della sua fidanza Sarah) sono turbate, violentate dalla techné, dall’automobile (richiamo diretto agli incidenti di Rabid. Sete di sangue e Fast Company) che dilania e imprigiona (come uno scellerato grembo materno) il corpo di Johnny per restituirlo al mondo profondamente mutato, differente, altro. La pellicola procede a un ritmo evangelico, Johnny risvegliatosi dopo cinque anni dal coma (o dalla trance, come la definisce sua madre) si accorge di essere dotato di una «seconda vista» che gli permette non solo di muovere il suo sguardo attraverso lo spazio e il tempo ma anche di influenzare il corso degli eventi. Ancora una volta Cronenberg lavora su una delle sue principali ossessioni, la vista, la sua estensione quale vero e proprio arto (ricordiamo la vista “fisiologica” del telepati di Scanners), organo post-umano d’elezione per entrare in contatto con il reale. Attraverso la sua «seconda vista» Johnny riuscirà a salvare la vita di due bambini, acciufferà un efferato killer di donne e proverà a evitare l’avvento di un doppio di Hitler.  

Una delle visioni premonitrici di Johnny
Non è un caso che il mite Johnny - insegnante amorevole, figlio modello, tenero con i bambini (con cui sembra riuscire a comunicare immediatamente senza bisogno di particolari abilità), innamorato della fidanzata Sarah – sviluppi un’abilità che sembra richiamare il fanciullino pascoliano. Johnny entra in contatto con il mondo diversamente dagli altri, rifiuta le istanze dell’utilitarismo degli adulti e attraverso la poesia ritrova le sensazioni più pure e vere dell’infanzia. Infine come il fanciullino anche Johnny scopre aspetti nuovi e misteriosi, che «sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione».
Cronenberg punteggia inoltre la narrazione di figure materne, asfissianti amanti come nel caso della madre di Johnny (che morirà assistendo alla gogna mediatica cui è sottoposto il figlio durante una conferenza stampa), conniventi compagne di scelleratezze come nel caso dell’assassino di Castle Rock, angeliche figure trasfigurate come nel caso della rediviva genitrice del dottor Weizak. Per Cronenberg – profondamente influenzato dalle teorie di Carl Gustav Jung – La zona morta è l’occasione ideale per mettere in scena le istanze riguardanti il Complesso di Edipo, pomo della discordia e momento di rottura fra il genitore Freud e il figlio e discepolo Jung. Secondo quest’ultimo il desiderio di ricongiungimento alla madre è sintomo di un desiderio di rinascere, rigenerato a nuova vita, un desiderio di trasformazione (proprio come accade a Johnny), il desiderio, definito da Freud incestuoso, diventa in Jung l’iniziazione a una nuova vita spirituale. Nella prima parte della pellicola Johnny ci appare con i connotati di un bambino, diligente e sensibile, un individuo ancora legato alla semplice e rassicurante vita familiare che rifiuta le avances della fidanzata. Solo dopo la nuova nascita - che coincide con la morte dell’ossessiva madre cui nel delirio Johnny si ricongiungerà – egli potrà sviluppare una nuova personalità, matura, cosciente e adulta.

In definitiva La zona morta, forse il film più pienamente hollywoodiano di Cronenberg, ci conduce ancora una volta all’interno della ricerca visuale e teorica di Cronenberg senza rinunciare alla godibilità di un cinema che sa raggiungere un pubblico di sempre grandi dimensioni.


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