Imperial Bedrooms – lo sappiamo tutti – è il seguito di Meno di Zero (1985) ma può essere letto in maniera più ampia come la chiusura ideale di tutta l’Opera di Bret Easton Ellis. Imperial Bedrooms – dopo Less than zero altra citazione da Elvis Costello – possiede tutte le caratteristiche e peculiarità dei romanzi precedenti di Bret Easton Ellis, in particolar modo degli ultimi: Lunar Park, American Psycho e Glamorama. Secondo il principio dell’intercambiabilità degli individui possiamo riconoscere in Clay gli stessi segni del tempo che troveremmo sul volto di Victor Ward e Patrick Bateman, nonché di Ellis stesso, non a caso citato da Clay nell’incipit metaletterario che racconta dell’uscita di Meno di zero («Su di noi avevano fatto un film. Il film era tratto da un libro scritto da una persona che conoscevamo.») e della sua terribile riduzione cinematografica con Robert Downey Jr.
I rituali di morte dei modelli-terroristi di Glamorama e le abominevoli sessioni di feticismo e sadismo organico di Patrick Bateman tornano qui per tormentare la lisa esistenza di Clay che all’inizio del romanzo ri-torna a Los Angeles da New York (ricorderete che in Meno di zero tornava invece da Camden) per ritrovare i corpi dei propri amici, amanti e conoscenti degradati dall'espressionismo chirurgico («Lì per lì non lo riconosco. Ha un volto artificialmente liscio, rifatto in modo tale da avere gli occhi strabuzzati in un’aria di perenne sorpresa; è solo la brutta copia di un volto, e pare straziato») o dolcemente stemperati nella placenta di una maturità borghese all'insegna del compromesso.
Siamo a Los Angeles: la città di Mulholland Drive, retaggio ormai vacuo dei romanzi di James Ellroy, un luogo dove – ce lo insegnano Zeroville e INLAND EMPIRE – la notte fa da mensa per i più ferini degli appetiti mentre la tentacolare macchina degli studios cigola ignava senza sosta. Non ci vorrà molto perché Clay metta a fuoco l’orrore che si muove oltre la soglia del suo appartamento e altrettanto breve sarà il lasso di tempo che ci vorrà perché questo lo fagociti irrimediabilmente.
Ritrovare Julian, Blair, Trent, Rip e tutti gli altri (non più) giovani protagonisti di Meno di zero sarà un esercizio estremamente doloroso. Vedere come l’attitudine a vivere sulla superficie non li abbia salvati dall'orrore definitivo dei decenni successivi (non si esce vivi dagli anni Novanta potrebbero ben dirvi i nostri eroi prima di crollare inermi sotto l’ascia di Patrick Bateman) che ce li restituiscono indifesi, ormai privi dell’involucro della bellezza e della coolness che li aveva tutelati - ora ne siamo certi - solo temporaneamente.
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