lunedì 12 marzo 2012

Videodrome di David Cronenberg (1982)


Con Videodrome David Cronenberg realizza la sua opera più completa, immaginifica e pienamente iconica.  L’operazione compiuta è assai raffinata e ha reso la pellicola un feticcio cinematografico amato e venerato da un vasto fandom (che non manca di rimproverare al “nuovo” Cronenberg di aver abbandonato la poetica weird della carne e della sua commistione con la tecnologia).
In Videodrome Cronenberg muove dalle teorie di Marshall McLuhan - Il massmediologo e sociologo canadese (come Cronenberg) che meglio di tutti ha messo a fuoco le potenzialità dei media e della tecnologia a essi associata - in particolar modo quelle riguardanti gli effetti della televisione e il rapporto tra individualità, media e tecnologie. Cronenberg coniuga le riflessioni di McLuhan (materializzato in parte nella figura del professor O’Blivion) con la sua visione cinematografica basata sul rapporto di entrata-uscita, un cinema che dai tempi di Stereo sappiamo essere fatto di ingressi, porte, penetrazioni. Per il protagonista, il disincantato e sempre più ossessionato Max Renn (James Woods), questo significherà farsi strumento, mezzo (e quindi messaggio) e perdere la propria individualità e corporeità.


Marshall McLuhan visto come il professor O'Blivion:
attraverso uno schermo catodico
Max Renn è il proprietario di un canale televisivo minoritario: CIVIC-TV (canale 83), che basa la sua programmazione su produzioni soft-core e trasmissioni sensazionalistiche. Max viene in contatto con un segnale illegale, mutevole (mutante?), immerso nell’etere già affollato di frequenze. Il segnale è inizialmente volatile e trasmette un programma a base di torture, sesso e violenza chiamato Videodrome. Max ne è attratto, vuole possederne le registrazioni per trasmettere il programma proveniente dalla sprawl eterea e indefinibile su canale 83. La possessione attraverso le videocassette (sappiamo quanto il circuito chiuso e le VHS hanno mutato la fruizione di cinema e televisione) è ancora desiderio di penetrazione, anche e soprattutto sessuale, nella materializzazione di Videodrome in Nicki Brand (Debbie Harry). La giovane venere in pelliccia solletica, incita, accende, i desideri più ferini e oscuri di Renn per immergerlo in Videodrome, riprogrammarlo e farne strumento-arma per gli scopi terroristici della Spectacular Optical. È questa una multinazionale impegnata su diversi fronti aziendali, tra cui la vendita di occhiali – qui il riferimento è sia al senso della vista, necessario alla fruizione catodica, sia come ci insegna Scanners, all’occhio come porta d’ingresso e interfaccia interno/esterno – ma che in realtà desidera minare la videocrazia che ha corrotto le basi morali della società. Per fare ciò la Spectacular Optical provoca, attraverso il segnale Videodrome e le sollecitazioni di immagini violente e pornografiche, un tumore nel cervello degli spettatori che sono presto ostaggio di allucinazioni organiche, vivono un distaccamento della realtà e infine muoiono. Il riferimento qui è alla riflessione (annosa e sempre attuale) sulla nocività della televisione e dei nuovi media. Riflessione che muove dalle teorie della Scuola di Francoforte e che si è evoluta in due fronti, due scuole di pensiero differenti: la prima impegnata a difendere le istanze democratiche ed ecumeniche della televisione, altresì utile quale valvola di sfogo degli istinti più bassi e ferini, l’altra tesa nell’accusa di istigazione alla violenza e alla corruzione da parte del mezzo televisivo. Sono queste le stesse fazioni che si fronteggiano in Videodrome: da una parte il professor O’Blivion (mai nome fu appropriato per un difensore del mezzo catodico), sua figlia Bianca e la loro Chiesa Catodica (che offre a diseredati e senzatetto motivazione e speranza attraverso dosi gratuite di televisione), dall’altra la Spectacular Optical e le sue azioni terroristiche attraverso il segnale Videodrome. 

David Cronenberg e James Woods sul set di Videodrome
Fra essi Max Renn che sempre più ossessionato dalle immagini di Videodrome arriverà junghianamente a portare fuori da sé e abitare le istanze della sua vita: la televisione (intesa come oggetto, feticcio) diventa per lui un vero organismo da sfiorare e stimolare, da amare e da cui essere sottomesso, Nicki Brand che coincide sempre più con Videodrome divenendone incarnazione eterea e imperativo catodico, le sue pulsioni sadiche, si pensi all'epica scena in cui Max Renn frusta il televisore nel set di Videodrome mentre questo mostra le immagini della collaboratrice e amica Masha (attempata femminista e pornografa assai affascinata da Renn) con le mani legate al tetto e costretta allo stesso supplizio che sta avvenendo on stage. L’estremizzazione necessaria avviene nel momento in cui Renn - ormai irrimediabilmente corrotto da Videodrome - diventa egli stesso mezzo di comunic-AZIONE, dispositivo di registrazione e programmazione, cyborg post-umano e post-catodico al servizio delle milizie della Spectacular Optical. O’Blivion lo sa, McLuhan lo sa, noi spettatori ne siamo altresì coscienti: quella di Videodrome è una battaglia persa, i decenni del compiacimento catodico arriveranno e la nuova carne avrà ancora vita e, ahinoi, gloria.


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